
Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale dell’India, Ajit Doval, è in contatto regolare con i funzionari afghani da quando i Talebani hanno preso il potere nell’agosto 2021, spesso al di fuori dei canali ufficiali. Ex capo dell’Intelligence Bureau, l’agenzia per la sicurezza interna indiana responsabile, tra le altre cose, dell’antiterrorismo e del controspionaggio, Doval è un diplomatico di lungo corso: è considerato uno dei principali artefici della strategia di sicurezza di Nuova Delhi. La sua profonda conoscenza del Pakistan e dell’Afghanistan, unita al suo approccio assertivo, lo rendono un attore chiave nella gestione delle crisi regionali.
Nella prima metà dell’anno, Doval ha cambiato l’approccio di Nuova Delhi all’Afghanistan, che sembrava avvicinarsi troppo al Pakistan. Invece di continuare a operare secondo il principio “Vi aiuteremo, ma voi garantite che il vostro territorio non verrà utilizzato per attaccare l’India”, Doval ha annunciato un cambio di rotta durante le visite in Afghanistan a luglio e settembre: “Vi aiuteremo, ma voi garantite che non contribuirete al rafforzamento del Pakistan”. Secondo quanto riferito, l’India starebbe offrendo assistenza in cambio, tra cui supporto umanitario, progetti di sviluppo infrastrutturale e competenze tecniche in ambito sanitario e educativo. Ciò implica anche l’accesso garantito dell’Afghanistan a corridoi commerciali diversi da quelli che attraversano il Pakistan, in particolare il porto iraniano di Chabahar, situato vicino all’India.
L’obiettivo è ridurre la dipendenza dei talebani da Islamabad e trasformare l’Afghanistan in una leva di influenza indiretta sul Pakistan. Doval ha proposto al Primo Ministro Narendra Modi di sfruttare la presenza di gruppi armati sul suolo afghano fornendo loro supporto segreto, a condizione che non minaccino direttamente l’India.
Avendo svolto numerose missioni segrete in Pakistan durante la sua carriera nell’intelligence, propone di sfruttare più efficacemente le divergenze tra alcune fazioni talebane, in particolare il Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP) e l’Inter-Services Intelligence (ISI), la principale agenzia di intelligence militare e civile del Pakistan.
L’India era vicina all’attuale governo afghano prima del ritorno al potere dei talebani, ma ha perso gran parte della sua influenza dopo il ritiro delle truppe americane. Tuttavia, Nuova Delhi non può ignorare l’importanza del paese sia per la sicurezza dei confini che per il controllo dei corridoi verso l’Asia centrale. A quanto si apprende dalla social sfera, i talebani hanno posto condizioni tacite per la cooperazione con l’India.
In particolare, vogliono evitare di scontentare la Cina, un attore chiave negli investimenti e nelle infrastrutture regionali. Pertanto, Nuova Delhi deve garantire che le sue iniziative non sconvolgano questo fragile equilibrio sino-afghano né interferiscano con i progetti regionali di Pechino.
La visita di Modi a Tianjin a fine agosto per il vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) ha contribuito a rassicurare l’Afghanistan sul suo impegno a proseguire un dialogo costruttivo tra Cina e India. Modi ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping a margine del vertice.
Dall’inizio dell’anno, l’India ha ripreso le relazioni diplomatiche con i talebani a diversi livelli. Al vertice di Dubai, il ministro degli Esteri indiano Vikram Misri e il suo omologo talebano, Amir Khan Muttaqi, hanno discusso di sostegno economico e umanitario e di controllo sui gruppi militanti che operano dall’Afghanistan. Nuova Delhi ha inoltre inviato una squadra tecnica a Kabul per supervisionare la distribuzione degli aiuti umanitari e monitorare i progetti infrastrutturali.
Tuttavia, questo cambio di strategia comporta dei rischi. L’uso indiretto di gruppi armati potrebbe facilmente provocare una risposta militare da parte di Islamabad. Rafforzando queste reti, potrebbero tentare di liberarsi e, in ultima analisi, rappresentare una minaccia per l’India.
Tommaso Dal Passo
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