Burundi sul baratro

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STATI UNITI D’AMERICA – New York 10/11/2015. Le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme sul Burundi, il 9 novembre.

Il paese è in una profonda crisi politica che potrebbe degenerare in nuove atrocità di massa.
Secondo l’Onu, almeno 240 persone sono state uccise nel Paese africano dall’inizio delle proteste ad aprile 2015 quando il presidente Pierre Nkurunziza, al potere dal 2005, ha deciso di candidarsi per un terzo mandato. La nuova ondata di violenza ha fatto più di 11 morti nell asolo giornata del 7 novembre. «La paura di questa violenza, e lo spettro di altri spargimenti di sangue, stanno costringendo i burundesi a lasciare le loro case. Ora ci sono ben più di 280mila sfollati e rifugiati in tutta la regione dei Grandi Laghi», ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti uman, Zeid Ra’ad Al Hussein. Nkurunziza ha lanciato un ultimatum di cinque giorni sulla riconsegna delle armi, avvertendo che chi non si fosse arreso sarebbe stato dichiarato “nemico della nazione”. Al Hussein ha detto che simili ultimatum del presidente e simili commenti dei dirigenti burundesi «potrebbero sempre prendere una dimensione etnica». Adama Dieng, consigliere speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione dei genocidi, ha detto che il paese sembra sull’orlo di «una spirale della violenza che potrebbe degenerare in crimini atroci (…) Dobbiamo agire prima che sia troppo tardi», ha detto Dieng. Lo stesso Ban Ki-moon ha condannato l’attacco a Bujumbura, che ha ucciso almeno nove persone il 7 novembre, tra cui un membro del personale delle Nazioni Unite. Nel frattempo, la Francia ha fatto circolare una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza il 9 novembre in cui si sollecita il governo del Burundi a respingere la violenza e a proteggere i civili. Si chiede al capo delle Nazioni Unite di inviare una squadra di osservatori in Burundi entro 15 giorni per rafforzare la presenza delle Nazioni Unite nel paese.