IRAQ. Ma lo stato iracheno è mafioso o no? Per parte degli Usa, sì

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Secondo la stampa irachena, l’attuale crisi politica centrale si starebbe ripercuotendo sui consigli provinciali il cui ricambio tramite elezioni regionali rimarrebbe congelato in conseguenza della stasi a livello federale provocando un’intensificazione delle proteste popolari soprattutto nelle province meridionale, con in testa Bassora: in questa città si sono registrate una serie di proteste davanti il palazzo del consiglio provinciale contro la corruzione e per la fornitura di servizi e opportunità di impiego. Ad esempio, il governatorato di Wasit ha rinnova la sua richiesta per una distribuzione del budget federale del 2019 più adeguata ai bisogni della provincia, una richiesta condivisa da tutte le province.  

Sui social, poi, sono apparsi diversi articoli di approfondimento sempre sulla crisi irachena, interessanti perché forniscono la visione dal “di dentro” dell’Iraq. Secondo alcuni, la complessa situazione in Iraq è stata aggravata da un tasso di povertà tra i più alti mai registrati che ha influito, insieme al terrorismo e al settarismo, ad un aumento esponenziale degli arresti da parte delle autorità irachene. Infatti il ministero degli Interni ha annunciato l’arresto di oltre 180 mila persone con varie accuse e in varie campagne in Iraq nel 2018. Tra le conseguenze di anni di conflitti, crisi economica e occupazionale vediamo anche dei cambiamenti all’interno delle strutture famigliari irachene con un aumento di responsabilità da parte di donne e bambini che vengono ad assumere un ruolo primario nel sostentamento della famiglia finendo per influire anche sul tasso di ritiri dalla scuola dell’obbligo da parte della gioventù irachena che si attesta sul 25%.

Per ovviare alla situazione economica disastrosa, sembra essere stata fruttuosa la visita del presidente della Repubblica Irachena, Barham Salih, a Doha. Il Qatar ha infatti confermato la sua intenzione di investire un miliardo di dollari per la ricostruzione dell’Iraq. 

Il Washington Post poi ha pubblicato un nuovo articolo in cui definisce l’Iraq uno “Stato Mafia”, aizzando le reazioni della politica irachena accusata di essere vassalla dell’Iran. Il giornale statunitense si riferisce all’ambigua presenza e alla pesante influenza in Iraq delle milizie sciite filo-iraniane, considerate in parte organizzazioni terroristiche dal Congresso statunitense. 

In risposta, un leader delle PMU, Jabar al Mamouri, ha commentato stigmatizzando come gli Stati Uniti stiano tentando di provocare una guerra tra Iraq e Iraq che si ripercuoterà sulle popolazioni irachena e iraniana con un particolare impatto sugli abitanti delle città di frontiera.

Redazione