GIORDANIA. Amman sull’orlo del baratro

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L’ambasciatore israeliano in Giordania, Einat Shlain si era detta pessimista circa la situazione nel Regno Hashemita di Giordania quando ha informato il Capo di Stato Maggiore dell’Idf, generale Gadi Eizenkot, ad ottobre 2016. Secondo quanto riporta Ha’aretz, il generale in un forum chiuso si è detto disturbato dalla valutazione dell’ambasciatore e che l’Idf avrebbe dovuto essere pronto a sostenere il re Abdullah II dovrebbe se le cose dovessero peggiorare nel paese.

Israele ha sollecitato entrambe le amministrazioni Obama e Trump a sostenere la Giordania economicamente e militarmente, poiché il paese ha assorbito più di un milione di profughi dall’inizio della guerra civile siriana. Ma nonostante l’aumento del sostegno americano, ambasciatore Shlain era preoccupata per la crescente opposizione al re al di fuori della sua relativamente piccola cerchia di fedelissimi, che ammontano a meno del 20% della popolazione.

Il Washington Times ha detto che la Giordania continua a soffrire ancora per la questione irrisolta dell’identità stessa del paese, aggravata da problemi strategici, e dalla minaccia Daesh e dal collasso delle relazioni commerciali con Siria e Iraq.

Si tratta di un paese di massiccia immigrazione, la Giordania ha ricevuto ondate di palestinesi: nel 1948-49, nel 1967 e nel 1990-1991; di iracheni, nel 2003, e di siriani, dal 2011. Secondo il giornale statunitense, ripreso da Jni Media: «I palestinesi, secondo la maggior parte delle stime, costituiscono la maggioranza sostanziale della popolazione del paese, e presentano la divisione più profonda.

È comune parlare di giordani e palestinesi, anche se questi ultimi sono cittadini e nipoti di immigrati. Da queste considerazioni emerge la sensazione che i giordani sono separati e superiori ai popoli tribali in gran parte della Cisgiordania, una sensazione che non è diminuita nel corso del tempo, e soprattutto non da quando i palestinesi hanno raggiunto il successo economico, riporta il quotidiano.

Luigi Medici