COREA DEL NORD. Neanche le bombe atomiche farebbero cadere Kim Jong Un

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Il documento del war game “Guardian Tiger” pubblicato dall’Atlantic Council, think tank statunitense, il 12 maggio, riporta: .”Il regime nordcoreano ha mostrato diversi scenari in cui potrebbe utilizzare armi nucleari e sopravvivere comunque.”

Lo scenario del war game inizia con un’invasione cinese di Taiwan che si intensifica in un conflitto più ampio nella penisola coreana. Nella simulazione, la Corea del Nord lancia un attacco nucleare tattico contro una base aerea sudcoreana. La squadra statunitense si trova quindi di fronte a una decisione critica: se rispondere sganciando un’arma nucleare tattica vicino a Kaesong per ritenere la Corea del Nord responsabile. Questa decisione si trasforma in un dilemma cruciale, riporta Dong A-Ilbo.

Una rappresaglia nucleare statunitense potrebbe innescare una catena di scambi nucleari tattici. Allo stesso tempo, la Cina potrebbe trarre vantaggio dalla situazione intensificando la sua offensiva nello Stretto di Taiwan, mentre le forze statunitensi sono impegnate nella penisola coreana. Lo scenario peggiore prevede la caduta di Taiwan. In altre parole, l’onere di gestire due teatri operativi contemporaneamente potrebbe indurre gli Stati Uniti a esitare prima di reagire contro la Corea del Nord.

Ciò che rende questa esercitazione particolarmente degna di nota è che, a quanto pare, ha coinvolto non solo il Pentagono, ma anche funzionari delle Forze Armate statunitensi in Corea. La simulazione ha suscitato notevole attenzione a Washington, non solo perché si è trattato di uno sforzo congiunto tra il governo e un think tank, ma anche perché rivela la seria visione di Washington sulle sfide strategiche poste dai conflitti concomitanti a Taiwan e in Corea del Sud.

L’esercitazione smentirebbe anche il ripetuto avvertimento che “la fine del regime di Kim Jong Un seguirebbe qualsiasi uso di armi nucleari”. La Cina, un tempo considerata un fattore costante, potrebbe ostacolare l’attuazione della deterrenza estesa americana, incluso il suo ombrello nucleare.

Mentre Washington discute sempre più non solo di un’invasione cinese di Taiwan, ma anche di scenari come un blocco o una quarantena, una cosa sta diventando chiara: è probabile che la seconda Amministrazione Trump concentri la sua strategia indo-pacifica esclusivamente sulla lotta alla Cina. Da questa prospettiva, la spinta dell’esercito statunitense verso una maggiore flessibilità strategica appare pressoché inevitabile. Nonostante le smentite sia di Seul che di Washington, il recente dibattito su un possibile ritiro o ridistribuzione regionale di 4.500 soldati statunitensi coincide strettamente con il numero di soldati che solitamente ruota ogni nove mesi, il che suggerisce che questa potrebbe non essere una coincidenza.

Tuttavia, tra le crescenti preoccupazioni tra i funzionari su quando e come il presidente degli Stati Uniti Donald Trump potrebbe nuovamente presentare la sua “fattura sulla sicurezza” che richiede maggiori contributi sudcoreani ai costi della difesa, sembra sorprendentemente esserci poca attenzione sulla possibilità che l’ombrello nucleare statunitense possa effettivamente funzionare sotto la pressione dell’intervento cinese.

“Non è ancora chiaro se la crescente flessibilità strategica americana si tradurrà in una riduzione del numero di truppe statunitensi in Corea, in rinnovate richieste di una maggiore condivisione dei costi o se fungerà da merce di scambio in un potenziale ‘grande accordo’ tra Trump e Kim Jong Un”, afferma il documento. In questo contesto di incertezza, il governo sudcoreano deve concentrarsi sul rafforzamento dell’ombrello nucleare. Se le priorità strategiche degli Stati Uniti sono ora saldamente incentrate sulla Cina, la Corea del Sud deve sfruttare questo cambiamento per cercare garanzie più concrete nell’ambito dell’ombrello nucleare.

Avere fiducia nell’attuale quadro del Gruppo Consultivo Nucleare (NCG) potrebbe essere prematuro. Le minacce congiunte provenienti da Cina e Corea del Nord sono già emerse come un nuovo tipo di sfida alla sicurezza che potrebbe minare il tradizionale modello di deterrenza estesa. Come avverte il rapporto, “In futuro, i modelli di deterrenza convenzionali potrebbero crollare.”

Luigi Medici 

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