Venezuela: i numeri della violenza

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VENEZUELA – Caracas, 11/01/2014. In un Paese in cui ogni settimana il crimine uccide decine di persone, l’omicidio di un’ex regina di bellezza ha scosso la società venezuelana come se fosse un episodio singolare e isolato. 

La morte di Mónica Spear, Miss Venezuela 2004 e famosa attrice, e di suo marito, l’imprenditore britannico Henry Thomas Berry (nella foto), è avvenuta la notte di lunedì 6 gennaio mentre la coppia, con la figlia di 5 anni a bordo, unica sopravvissuta alla sparatoria, procedeva lungo l’autostrada nazionale Puerto Cabello-Valencia. Una tentata rapina finita in tragedia che pare aver risvegliato le paure di ogni venezuelano: essere vittima di quella delinquenza violenta che può uccidere in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. La risonanza data alla notizia dai mass media e l’acceso dibattito in rete che ne è scaturito potrebbe dare l’impressione di un fatto mai visto e allarmante, per il livello di violenza gratuita e per la notorietà della vittima. Di fatto, invece, i casi di morte violenta in Venezuela sono quotidiani. Le cosiddette pagine “rosse” della stampa nazionale, dedicate ai fatti di cronaca nera, non raccontano di tutti i deceduti durante le aggressioni, le rapine, le sparatorie tra bande criminali o i regolamenti di conti. 

Del resto, qualcosa che si ripete spesso smette di fare notizia. Per la società questo tragico fenomeno è diventato un costante rumore di fondo che, se non fosse per l’angoscia che comporta vivere in questa situazione, potrebbe persino risultare noioso. Che siano morti cui dedicano spazio decine di quotidiani internazionali, come Mónica Spear, o che passano inosservati come tanti e tanti altri, questi fatti sono accomunati dall’insensatezza della violenza venezuelana, dove molte volte si uccide per i più futili motivi. 

Secondo il rapporto pubblicato il 26 dicembre scorso dall’Ong Observatorio Venezolano de Violencia (Ovv), il 2013 si chiude con una lista di oltre 24.000 morti, una cifra superiore a quella del 2012 che colloca il Venezuela tra i cinque Paesi più violenti al mondo insieme a Honduras, El Salvador, Costa d’Avorio e Giamaica. Come si legge sul sito dell’Osservatorio, è interessante ricordare che nel dicembre 2003 fu proibito il libero accesso alle statistiche ufficiali riguardanti la criminalità che, fino ad allora invece, erano sempre state pubbliche, facilmente reperibili presso gli archivi delle autorità competenti. L’aumento significativo di reati che si registrò nel 2003 poi, con oltre 11.000 morti, mostrava che nei cinque anni precedenti il numero di omicidi si era più che duplicato. Questo fu forse il motivo che portò il governo a proibire la diffusione di quelle terribili cifre. Dopo dieci anni di censura ufficiale, la situazione non è migliorata e il numero dei morti per episodi di violenza continua ad aumentare. Il rapporto evidenzia un aumento nel numero di omicidi, tanto nelle grandi città quanto in quelle di piccole e medie dimensioni, di accertamenti di morte e soprattutto di resistenza a pubblico ufficiale. La violenza rappresenta la causa del 12% della mortalità totale. Ciò significa che su 100 venezuelani e venezuelane deceduti nel 2013 per tutte le cause possibili (malattie cardiache, cancro, diabete, Hiv), 12 sono morti in casi di violenza diversi da incidenti o suicidi. La maggior parte delle vittime, nelle tre modalità considerate dal rapporto (omicidio, accertamento di morte e resistenza a pubblico ufficiale), è di sesso maschile e in età riproduttiva. Questo squilibrio sta provocando una distorsione demografica. Se è vero che in Venezuela il numero dei neonati maschi è il 6% superiore a quello delle femmine, d’altro canto, negli ultimi anni è morto un 53% in più di uomini che di donne e una fetta importante di questa differenza appartiene alle morti violente. Risulta quindi chiaro l’impatto sociale ed economico di questa situazione inquietante, risultato di un nocivo cocktail di fattori che spaziano dalla povertà alla corruzione, passando per il massiccio traffico di droghe che transitano per il Paese e il collasso del sistema giudiziario con la sua troppo diffusa impunità.  

La popolazione ha coscienza della realtà in cui vive e quindi ha paura. Come dimostra la generalizzata tendenza inibitoria nei comportamenti, il venezuelano vede limitata la propria libertà. 

In numerosi articoli della stampa nazionale e internazionale, a questo proposito si legge di tassisti che evitano di fermarsi ai semafori di notte per paura di una rapina, di persone che evitano di uscire di casa se non strettamente necessario, di bambini che non giocano più per le strade come prima, di impiegati che aspettano altri colleghi per non uscire soli dall’ufficio oltre il proprio orario di lavoro, di lavoratori che si organizzano in car-pooling per evitare i mezzi pubblici e di tanti altri venezuelani che cambiano le proprie abitudini e si adattano a questo triste e insostenibile Stato di insicurezza.