Doha al bivio

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ITALIA – Roma 04/7/13. Il passaggio di consegne in Qatar porterà ad una svolta nella politica del Paese? Si modificherà la sua capacità di essere player geopolitico mondiale?

Doha ha ospitato conferenze politiche ed economiche che gli hanno dato legittimità internazionale, scrive al Monitor, e lo hanno fatto diventare un attore di primo piano sulla scena regionale. Il Qatar non avrebbe potuto recitare questo ruolo se non fosse stato per la sua grande valenza economica: una riserva strategica di gas naturale di 500 trilioni di metri cubi, terzo giacimento più grande al mondo, e produce 77 milioni di tonnellate di gas all’anno. Nel regno dello Sceicco Hamad si è lavorato su due binari per aumentare le capacità economiche dell’emirato: sviluppo delle infrastrutture petrolifere e diversificazione delle fonti di reddito del Paese, investendo all’estero; il Pil del Qatar è passato da 29 miliardi di dollari a 200 miliardi di dollari. A Doha, poi, c’era una leadership competente che ha scelto di rompere con la tradizione araba, continua al Monitor, si vedano i casi del boicottaggio d’Israele o delle relazioni con l’Iran. Inoltre, il Paese ospita una base militare americana, e nel contempo ha sostenuto i movimenti islamisti, ostili agli Stati Uniti considerati una minaccia per gli Usa ed i suoi alleati del Gcc. Il Qatar è stato il primo sostenitore delle organizzazioni islamiste e  le ha finanziate direttamente: ha rimpinguato le casse dei Fratelli Musulmani e della Banca centrale d’Egitto per aiutare Mohammed Morsi.

Doha ha direttamente partecipato ad attività militari in Libia; ha fornito armi ai ribelli siriani, anzi gli ha dato, primo Paese, armi di qualità di fabbricazione cinese, come i cannoni antiaerei, nonostante gli avvertimenti degli Usa. 

Doha ha destabilizzato gli equilibri regionali esistenti e confuso amici e nemici. Questa politica sul filo del rasoio ha dato al Qatar un ruolo oltre misura nelle relazioni internazionali e gli ha permesso di rompere lo stallo di certe situazioni di crisi.

Nel suo primo discorso, lo sceicco Tamim, nuovo Emiro, ha parlato di «comportamento indipendente» del Qatar e della sua volontà di schierarsi con i popoli arabi contro «la tirannia e l’umiliazione (…) che dividono le società arabe in base a fattori religiosi o settari». Ha inoltre sottolineato che la politica estera del Qatar sarà basata sulle relazioni con gli Stati,  non con le organizzazioni: «Noi non alimentiamo le divisioni» quasi a voler segnalare un allontanamento dai movimenti islamisti; un allontanamento forse imposto dal consenso internazionale e arabo. Fin qui però, nulla indica che lo sceicco Tamim intenda rovesciare la politica estera del Qatar oppure sacrificarne l’indipendenza o minare l’importanza regionale che il suo paese ha ottenuto grazie agli sforzi di suo padre e della sua squadra. Il giovane sovrano ha certamente bisogno di un periodo di quiete per definire meglio la sua politica, soprattutto perché le grandi potenze sono entrate in campo.