La sicurezza energetica dell’Europa

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BELGIO – Bruxelles 4/06/2014. Durante l’appena iniziato G7 che discuterà della crisi in Ucraina, Greenpeace chiede ai leader delle nazioni più industrializzate del mondo di non sacrificare la sicurezza energetica dell’Europa e il clima in favore degli interessi dell’industria fossile.

Confermando la distanza tra i leader politici, che promuovono le fonti fossili, e i cittadini, un sondaggio realizzato per Greenpeace ha rilevato che tra il 60 e l’84 per cento dei cittadini dei Paesi del G7 è preoccupato per la dipendenza del proprio Paese dall’import di energia; una maggioranza più ampia, tra il 71 e il 91 per cento, pensa che i governi debbano dare priorità a rinnovabili ed efficienza energetica per ridurre tale dipendenza. Gli italiani sono i più preoccupati per la dipendenza energetica e i più favorevoli a rinnovabili e efficienza, rispettivamente 84 e 91 per cento. Nel 2012 l’Ue ha speso 421 miliardi di euro per importare il 53 per cento dell’energia di cui ha avuto bisogno. In uno studio che sviluppa alcuni scenari energetici conservativi, la Commissione ha verificato come l’Ue potrebbe ridurre le importazioni di energia di oltre la metà entro il 2050. In particolare, il consumo di gas in Europa potrebbe diminuire del 29 per cento entro il 2030 e del 54 per cento entro il 2050. Questo grazie soprattutto allo sviluppo dell’efficienza energetica, l’unico strumento in grado di garantire riduzioni immediate per l’uso del gas, e all’aumento di energia prodotta da rinnovabili, attualmente già le fonti di energia in più rapida crescita nell’Unione. Decidere di investire sul nucleare o accrescere lo sfruttamento delle limitate riserve fossili a disposizione non servirà di certo a garantire la sicurezza energetica europea negli anni a venire, secondo Greenpeace. Il piccolo numero di nuovi reattori nucleari in cantiere in Europa è affetto da enormi sforamenti di bilancio, problemi tecnici e grandi ritardi nella costruzione. Oltre il 40 per cento dei reattori attualmente operativi in Europa, inoltre, ha un’età superiore ai 30 anni e necessita di uno stop per evitare rischi di sicurezza. Infine, la produzione interna di gas di scisto non avrebbe alcun significativo impatto sulle importazioni di gas dell’Unione dalla Russia prima del 2030.