Brahimi abbandona l’incarico in Siria

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SIRIA – Damasco. 14/05/14. Il diplomatico algerino Lakhdar Brahimi, inviato dell’ONU e della Lega Araba per la crisi siriana, ha rassegnato ieri le dimissioni, al segretario generale Ban Ki-moon a decorrere dal 31 maggio prossimo.

Per due anni si era impegnato a cercare le soluzioni alla crisi in Siria e porre fine alla guerra civile che ha provocato la morte di oltre 150mila persone. Brahimi è il secondo inviato delle NU e come il suo predecessore Kofi Annan aveva più volte manifestato la propria insofferenza alle resistenze che giungevano da tutte le parti in gioco su ogni proposta di soluzione. Nelle sue motivazioni ha sottolineato una situazione di stallo internazionale che andava ad ostacolare ogni tentativo di mediazione: «Mi spiace molto abbandonare questo incarico e lasciare la Siria in questa condizione. Tutti coloro che hanno responsabilità e influenza dovrebbero cominciare a pensare a quanti altri morti e quanta distruzione dovranno ancora esserci prima che la situazione torni alla normalità» ha dichiarato il diplomatico.

Ad oggi risultano fuggite all’estero più di 2,5 milioni di persone, mentre entro i confini 9 milioni hanno necessità di assistenza e 3,5 milioni non hanno accesso ai servizi essenziali. È un fallimento per tutti ha confermato anche il segretario dell’ONU che vede ancora vanificato il ruolo di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, ma il Consiglio di Sicurezza si è diviso all’interno su quasi tutte lle modalità di attuazione. Le posizioni sono molto lontane perché si continua a lavorare su due fronti completamente opposti, da una parte la Russia, principale alleato siriano, sostenuta dalla Cina, che ha bloccato tre risoluzioni che avrebbero  condannato il governo del presidente Bashar al-Assad, dall’altra i paesi che vogliono come unica soluzione la disfatta di Assad. Ora l’annuncio delle prossime elezioni ha definitivamente fermato i lavori proposti da Ginevra per trovare una soluzione negoziata che avrebbe dovuto mettere fine a i combattimenti, almeno sulla carta, perché con molta probabilità il governo del Presidente verrà riconfermato dagli elettori legittimandone ancora di più il potere.