Smart working, co-working & impatti ambientali

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ITALIA – Roma 18/01/2016. Appena terminata l’emergenza dell’inquinamento atmosferico, è come se la problematica fosse scomparsa dall’attenzione dei mass media e delle amministrazioni coinvolte.

È, invece, proprio in questo momento che può essere possibile progettare un percorso di interventi strutturali che abbiano oggettivi impatti sulla qualità dell’aria, non solo della Capitale, ma anche delle altre città coinvolte dal fenomeno.

La drammaticità e l’urgenza di ristabilire un corretto equilibrio dei diversi elementi presenti nell’aria, non consente infatti di attendere altri trent’anni, o forse più, per la realizzazione di un’altra linea metropolitana. In questo Milano e Roma si differenziano molto: mentre nella città del nord la copertura dei mezzi di trasporto è tale da garantire anche gli spostamenti dall’hinterland verso il centro città, nella Capitale non sono garantiti nemmeno gli spostamenti interni. Perché?
La cittadinanza dei residenti (dichiarati) è costituita da circa tre milioni di abitanti, per cui presumibilmente i servizi pubblici dovrebbero essere tarati su tale popolazione. Pur tuttavia i dati Censis del 2015 indicano che a Roma circolano ogni giorno circa 2,5 milioni di veicoli, di cui solo il 58% romano. È possibile dunque stimare, abbastanza semplicemente, che nella Capitale ci sono ogni giorno almeno 5 milioni di persone in transito, interne o esterne.
Altri studi parlano invece di 300 ore passate in auto… E, tutto sommato, non è un calcolo difficilmente credibile: se è vero che il tempo medio di spostamento è di circa 45 minuti a viaggio, ovvero un’ora e mezzo per giorno lavorativo, su 220 giorni… Si tratta, realisticamente, di milioni di euro bruciati, andati in fumo.
Gli impatti economici ed ambientali dei valori appena accennati sono tali per cui si rende evidentemente necessario un intervento immediato. È possibile?
A Milano, come confermato dal recente Report sullo Smart Working del Politecnico di Milano, durante il periodo dell’esposizione universale sia le imprese private, sia la pubblica amministrazione locale, hanno avviato con successo sperimentazioni dedicate allo Smart Working, che hanno consentito ai dipendenti di prestare il loro servizio direttamente da casa, per uno o più giorni a settimana, ovvero da spazi di co-working distribuiti nella metropoli.. Diminuendo il transito dei cittadini milanesi, sia su strada, sia sui mezzi di trasporto, si è consentita una migliore organizzazione, gestione e sicurezza dell’Expo2015. Perché non adottare lo stesso approccio per l’anno del Giubileo?
Vediamo cosa significa Smart Working o… lavoro “Agile”. Agile, ovvero dinamico, in termini di flessibilità di orari di lavoro, flessibilità di sede (con eventuale “site-sharing” di spazi con altre realtà, ovvero co-working), raggiungimento di obiettivi all’interno di strategie aziendali o di “vision” basate su valori condivisi.
In una società estremamente in movimento, anche virtualmente, e dunque fluida, con un mercato del lavoro che deve far fronte al fenomeno della delocalizzazione, un approccio di tipo “Smart Working” consentirebbe un abbattimento del costo del lavoro sia per le imprese (in termini di logistica, consumi energetici, spreco della carta) sia per i dipendenti e collaboratori che vedrebbero ridursi in modo cospicuo le spese strettamente connesse al lavoro stesso (automobile, benzina, parcheggio, baby-sitter, tempo non trascorso in famiglia, ecc…).
Se quindi risultano chiaramente evidenti i benefici in ambito privato, è altrettanto vero che è possibile ottenere i medesimi effetti positivi anche nella pubblica amministrazione, come è stato dimostrato dall’esperienza del Comune di Milano.
Consentire ai dipendenti di lavorare mediante Virtual Private Network, e dunque mediante una sorta di “scrivania virtuale”, crea un circuito virtuoso degli strumenti già ampiamente descritti nel Codice dell’Amministrazione Digitale (documenti elettronici, firma digitale, posta elettronica certificata), che snellisce i procedimenti amministrativi, responsabilizzando in modo più puntuale i funzionari incaricati.

La resistenza al cambiamento, in tal senso, usa spesso come scudo i costi di investimento, o il problema della riservatezza. Entrambe le problematiche sono oggettivamente molto più semplici di quanto non si vogliano far apparire.
I costi dei prodotti necessari a realizzare sistemi di “collaborazione” on-line sono pressoché trascurabili. Esiste un panorama davvero ampio di soluzioni “open-source” che consentono di lavorare in rete e… bene: la maggior parte delle comunità scientifiche internazionali, che vedono la partecipazione di scienziati da più luoghi del pianeta, usa senza problemi sistemi di videoconferenza, di workflow documentali, di file sharing, ecc., ecc.
Per quanto attiene alla riservatezza, è bene ricordare che ogni atto della pubblica amministrazione è – per definizione – pubblico, a meno che non tratti dati sensibili (relativi alla salute, agli orientamenti politici, ecc.). Basti pensare che una fetta importante della Pubblica Amministrazione si sta orientando verso soluzioni Cloud.

Strettamente connesso allo Smart-Working c’è inoltre il tema del co-working. Perché spostarsi da un’ufficio all’altro? Non è possibile considerare la possibilità di utilizzare uffici, pubblici o privati, in prossimità della propria residenza?
Anche in questo caso, le resistenze dovute a problematiche assicurative o di “timbratura del cartellino”, sono assolutamente superabili. La copertura assicurativa vede come elemento cardine di eventuali problematiche “l’occasione di lavoro”: se si scivola nella doccia non è certo un problema legato al computer acceso nella stanza accanto. Il controllo orario del dipendente è un retaggio usato spesso per dare una cattiva immagine di un intero comparto. Il problema non è il “tornello”, ma una distribuzione efficace delle attività e dei carichi di lavoro, connessi ad una evoluzione culturale di tipo meritocratico.

Quanto finora esposto avrebbe dovuto far parte della legge di stabilità 2015, ma il sistema complesso di inserimenti/emendamenti/stralci ha fatto sì che tali tematiche fossero rimandate a futura trattazione o… alle sporadiche iniziative private e pubbliche.

Sebbene un disegno di legge sia tutt’ora auspicabile, è pur vero che non esistono condizioni ostative ad avviare contrattazioni di secondo livello o comunque sperimentazioni che consentano l’utilizzo di un nuovo approccio al mondo del lavoro: partecipativo, produttivo, “di prossimità”.
Lo Smart Working potrebbe costituire la vera unica alternativa al sistema delle “targhe alterne”, risalente peraltro agli anni ’70.

L’anno del Giubileo potrebbe rappresentare ancora un’occasione straordinaria, per la cittadinanza, di dimostrare ancora una volta che Roma è pronta ad accettare le sfide del nuovo millennio.