ZIMBABWE. Urne chiuse. Si attende lo spoglio dei voti. Parità tra i candidati

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Il presidente dello Zimbabwe, Emmerson Mnangagwa, il 23 agosto ha accolto gli osservatori elettorali del Commonwealth incaricati di osservare le elezioni del paese. La squadra è arrivata alla State House, mentre il Commonwealth continua a decidere se riammettere lo Zimbabwe.

L’ex presidente Robert Mugabe ha ritirato lo Zimbabwe dal gruppo nel 2003 dopo che la nazione era stata sospesa per violazioni dei diritti umani. Lo Zimbabwe ha presentato domanda per rientrare dopo che Mnangagwa è entrato in carica nel 2018.

Anche gruppi di osservatori dell’Unione Europea, del blocco regionale della Comunità di sviluppo sudafricana e dell’Unione africana hanno visitato la residenza di Mnangagwa. Un portavoce del Commonwealth ha detto la scorsa settimana che il gruppo ha rivalutato “l’adesione della nazione ai valori del Commonwealth”.

Alle 06:50 del mattino del 23 agosto ore italiane i cittadini del paese africano erano già in coda per esprime il voto per le elezioni presidenziali e parlamentari, dopo una campagna dominata dall’impennata dell’inflazione del paese. La giornata è stata dichiarata festiva per consentire ai 6,62 milioni di elettori registrati di votare. Il presidente Mnangagwa deve affrontare 10 sfidanti, tra cui Nelson Chamisa della Coalizione dei Cittadini per il Cambiamento, partito principale dell’opposizione.

Un candidato presidenziale ha bisogno di più del 50% dei voti per vincere. Se non ci sarà un vincitore assoluto, il ballottaggio presidenziale si terrà tra sei settimane, il 2 ottobre. Si tratta delle prime elezioni dalla morte di Robert Mugabe, l’uomo che ha dominato per decenni la politica dello Zimbabwe e il partito al governo Zanu-PF.

Gli zimbabweani votano nella speranza di porre fine alla caduta libera economica. Purtroppo però si sono registrati ritardi nell’apertura dei seggi. Ad Harare, solo 18 dei 77 seggi elettorali hanno aperto in tempo, cosa che la Commissione elettorale dello Zimbabwe ha attribuito ai ritardi nella stampa delle schede elettorali causati dai ricorsi in tribunale. La commissione ha affermato che i seggi elettorali aperti più tardi chiuderanno più tardi per compensare. Pochi o nessun ritardo è stato segnalato in altre parti del Paese.

Anche nella giornata del 24 agosto, secondo giorno di elezioni per via del ritardo nella apertura dei seggi, c’è stata grande affluenza alle urne gli osservatori dicono che la giornata di voto è stata in gran parte pacifica. Lunghe code si sono formate ben prima dell’apertura dei seggi elettorali.

Il presidente Emmerson Mnangagwa ha annunciato che le votazioni saranno estese in 40 circoscrizioni, in tre delle 10 province. Comprende parti della capitale Harare, considerata una roccaforte dell’opposizione.

Solo un quarto dei seggi elettorali ha aperto in orario a causa di problemi con le schede elettorali. In alcune zone le schede elettorali sono finite, costringendo gli elettori ad aspettare fino a tarda notte. Il corpo elettorale dispone di cinque giorni entro i quali dichiarare i risultati delle elezioni presidenziali.

Tra gli incidenti si registra un arresto da parte della polizia dello Zimbabwe di osservatori elettorali durante dei raid, 39 osservatori elettorali con l’accusa di aver tentato di interrompere il processo di voto. Gli agenti hanno effettuato una serie di raid in tutta la capitale Harare, anche in un hotel e negli uffici dello Zimbabwe Election Support Network.

I primi risultati delle elezioni parlamentari nello Zimbabwe mostrano che il partito di governo e il principale partito di opposizione sono alla pari. Ci si aspettava però che il partito del presidente Emmerson Mnangagwa, al potere da 43 anni, mantenesse la sua posizione. Mnangawa ha 80 anni e il suo Paese è alle prese con una massiccia inflazione e un’elevata disoccupazione. Il suo principale rivale è l’avvocato e pastore Nelson Chamisa, 45 anni. Le possibilità dello Zimbabwe di risolvere la crisi del debito e di ricevere prestiti dalla Banca Mondiale e dal FMI sono in pericolo. I creditori stranieri hanno affermato che un voto libero ed equo è una condizione sine qua non per qualsiasi negoziato significativo.

Lucia Giannini

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