VIETNAM – Hanoi 30/08/2013. A seguito delle richieste di riforme politiche per la democrazia in Vietnam, ci si interroga su che tipo di sistema politico potrebbe sostituire il vecchio.
L’obiettivo principale di alcuni attivisti è assicurare che qualsiasi transazione dall’autoritarismo a una forma più rappresentativa di governo non venga sfruttata dai funzionari del Partito Comunista, in cerca di propria gloria. Una recente mossa di modificare lo statuto del Partito Comunista ha scatenato non poche reazioni da parte degli attivisti che invocano una vera e propria rivoluzione democratica. Ma rimane una certa consapevolezza che il sistema politico attuale, forgiato a seguito della guerra del Vietnam, deve cambiare. Dopo la caduta di Saigon e l’unificazione del nord e del sud del paese, un rigoroso marxismo- leninismo ha dominato il Vietnam; in più, la vittoria del Partito Comunista nel 1975 ha portato l’esodo di centinaia di migliaia di cittadini vietnamiti e la scomparsa del nascente capitalismo. Devastato dalla guerra in Indocina, coinvolto nei conflitti con i paesi vicini durante il decennio 1970-1980, abbandonato dal suo alleato Unione Sovietica dopo la caduta del muro di Berlino, il Vietnam è stato tra le più ristagnanti economie dell’Asia. Solo grazie ad alcune riforme orientate al capitalismo di metà anni ’80 il paese ha evitato il collasso economico. Tali riforme hanno permesso ai capitali stranieri di entrare nel paese, sollevando gli standard di vita della popolazione. Paradossalmente della liberalizzazione ha beneficiato soprattutto l’élite del Partito Comunista, i cosiddetti “capitalisti rossi”, poiché gran parte dei capitali hanno finanziato le imprese statali. La situazione è scoppiata in seguito alla recente crisi economica: anche se la corruzione all’interno del governo è stata generalmente accettata dal popolo vietnamita, la crisi ha acceso la scintilla del malcontento popolare. Molti blogger e attivisti hanno manifestato per le strade per chiedere un cambiamento e molti di loro sono stati puniti anche con pene detentive molto lunghe. Anche se i dissidenti chiedono una riforma del sistema politico, compresa l’abolizione di un unico partito dominante, non hanno ben chiaro come tale cambiamento possa avvenire e quale debba essere il nuovo sistema di governo. La campagna del Partito Comunista di modificare la costituzione, per cui alcuni cittadini sono stati costretti ad accettare le modifiche proposte, dà poche speranze che la riforma dall’alto verso il basso si tradurrà in un ordine più democratico. Molti temono che il tutto si concluderà nella sostituzione del Partito Comunista con una nuova classe dirigente sfruttatrice. Perché la situazione cambi davvero è necessaria una definizione più chiara e legale dei poteri, che risulti da un confronto democratico. Tra gli obiettivi del governo deve esserci quello di fornire l’accesso alle cure sanitarie e all’istruzione a prezzi accessibili e di qualità; in più la tolleranza sociale e la responsabilità fiscale saranno necessari per un nuovo ordine delle cose. Ma più di tutto conta la partecipazione del popolo vietnamita alle istituzioni, non bisogna assolutamente sostituire il sistema politico attuale, fallito, con uno che lascia i vietnamiti spettatori del cambiamento.