Il Vietnam minaccia di nuovo di chiudere Facebook a causa della percezione ufficiale che il social media statunitense non stia facendo abbastanza per censurare i contenuti critici del partito comunista al potere. Con circa 60 milioni di utenti, quasi due terzi della popolazione vietnamita è sulla piattaforma dei social media. Facebook pubblica un rapporto di trasparenza biennale, secondo il quale ha bloccato 834 post su richiesta del governo vietnamita tra gennaio e giugno 2020. Il dato rappresenta un grande salto rispetto ai 121 post che Facebook ha eliminato su richiesta di Hanoi nello stesso semestre del 2019 e ai 77 che ha censurato da luglio a dicembre 2019.
In quel periodo, riporta Aft, secondo il Progetto 88, un gruppo indipendente per i diritti che tiene un’accurata banca dati dei prigionieri politici vietnamiti, nell’ultimo anno c’è stata un’impennata di arresti e condanne a pene detentive inflitte agli utenti vietnamiti di Facebook, conosciuti localmente come “Facebookers”, per i post “anti-stato”.
L’aiuto di Facebook alle autorità vietnamite per cancellare il dissenso dalla sua piattaforma è stato ben documentato negli ultimi anni. I blogger ricevono regolarmente condanne pluriennali per reati vaghi e mal definiti contro lo Stato. Secondo Human Rights Watch, il Vietnam sta trattenendo oltre 130 prigionieri politici.
Delle 834 restrizioni totali imposte da Facebook, 653 era costituita da singoli post, mentre 167 pagine e gruppi e 14 profili sono stati bloccati.
Da luglio a dicembre 2018, Facebook ha citato una sola legge come base per le richieste del governo, il decreto n. 72, che include i divieti relativi ai contenuti antistatali, alla diffamazione dei funzionari pubblici e alla diffusione di informazioni false online. La legge, entrata in vigore nel 2013, è stata all’epoca sconvolta dai diritti internazionali e dai gruppi per la libertà d’informazione. Tuttavia, le implicazioni del decreto 72 hanno per lo più bypassato Facebook fino all’attuazione della legge sulla sicurezza informatica del 2019, che impone a Facebook di archiviare i dati degli utenti e i suoi server all’interno del Vietnam.
L’obbligo di localizzazione dei dati previsto dalla legge sulla sicurezza informatica del 2019 costringe Facebook a fare un passo indietro rispetto al Decreto 72 del 2013, anche se sono le disposizioni di quest’ultimo a essere citate dal governo vietnamita per avanzare le sue richieste di censura.
All’inizio dello scorso anno, i server locali di Facebook sono stati messi offline dal governo vietnamita a causa del mancato rispetto delle specifiche richieste di censura del governo. Successivamente, ad aprile, Facebook sostiene di aver raggiunto un accordo con il governo sulla censura, il periodo che ha visto un picco di richieste di rimozione obbligatoria.
Secondo quanto riferito, Facebook sarebbe stata disposta a stipulare tale accordo solo dopo che le società di telecomunicazioni statali hanno soppresso il traffico locale verso la piattaforma, cosa che ora sono in grado di fare con la massima efficacia grazie alla disposizione della legge sulla sicurezza informatica del 2019 che impone a Facebook di mantenere i propri server onshore.
Dopo l’attuazione del Decreto 72, nel 2017 il Vietnam ha creato un’unità di guerra cibernetica composta da 10.000 persone per combattere il dissenso online. Tuttavia, non potevano monitorare completamente Internet senza la piena collaborazione di Facebook e l’accesso ai dati dei suoi utenti.
Maddalena Ingroia