VIETNAM. Hanoi è ancora la base del friend shoring?

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Poco dopo la fine delle festività del Tet, il primo Ministro vietnamita Pham Minh Chinh ha iniziato un blitz diplomatico: Chinh ha visitato Singapore e il Brunei dall’8 all’11 febbraio. L’incontro con l’omologo singaporiano Lee Hsien Loong ha portato a un accordo per promuovere la cooperazione nei settori verde e digitale con la città-stato, che è stata il primo investitore estero del Vietnam per tre anni consecutivi fino al 2022. Il primo Ministro vietnamita ha inoltre invitato Lee a visitare il Vietnam quest’anno.

Chinh ha poi accolto la rappresentante degli Stati Uniti per il commercio Katherine Tai ad Hanoi il 13 e 14 febbraio. I due hanno discusso di questioni relative all’Indo-Pacific Economic Framework, Ipef, riporta Nikkei.

Questi eventi diplomatici si sono svolti senza dubbio dopo mesi di preparazione, ma Chinh ha sfruttato l’occasione per dimostrare di essere pienamente responsabile della politica economica del Paese.

Alla fine dello scorso anno, due vice-primi ministri vietnamiti – Pham Binh Minh e Vu Duc Dam – sono stati rimossi dal Politburo del Partito Comunista vietnamita e poi estromessi dalle loro posizioni di governo a gennaio. La scossa ha portato alla destituzione del presidente Nguyen Xuan Phuc a metà gennaio, segnando la prima volta che un capo di Stato costituzionale del Paese si è dimesso prima di aver completato il proprio mandato.

L’epurazione dei tre funzionari è stata attribuita agli scandali di corruzione derivanti dalla risposta del governo al Covid-19 nel 2020-2021. Più di 140 persone, tra cui alti funzionari governativi, sono state arrestate e incriminate per presunti abusi di potere e corruzione legati al rimpatrio di cittadini vietnamiti e alle gare d’appalto del governo per i kit di analisi Covid.

La rimozione dei tre leader è avvenuta nell’ambito di una campagna anticorruzione durata anni e guidata dalla guida suprema del Paese e dal segretario generale del Partito Comunista Nguyen Phu Trong, che ha dichiarato che non ci devono essere “off-limits o eccezioni” nella lotta alla corruzione.

Il Vietnam ha perseguito una politica estera a due livelli, incentrata sul mantenimento del monopartitismo e sul rafforzamento della difesa nazionale. In base a questa politica, il Partito Comunista cerca di mantenere legami amichevoli con la Cina, mentre il governo cerca di rafforzare i legami di sicurezza con gli Stati Uniti per contrastare l’espansione navale della Cina nel Mar Cinese Meridionale.

Nove anni fa, la mossa della Cina di installare una piattaforma petrolifera nelle acque contese vicino alle isole Paracel, nel Mar Cinese Meridionale, ha fatto sprofondare le relazioni a quello che molti consideravano il livello peggiore dalla guerra Cina-Vietnam del 1979. La situazione, tuttavia, si è sbloccata dopo che il capo del Partito Comunista del Vietnam ha spedito un inviato speciale a Pechino.

I leader vietnamiti sono spesso visti come “pro-Cina” o “pro-America”. Se sono esponenti del partito, sono visti come vicini a Pechino. Se invece sono funzionari che hanno trascorso la maggior parte del tempo al governo come burocrati, sono considerati amici di Washington.

Pertanto, la recente epurazione potrebbe essere vista più come una lotta per il potere che come il risultato di una campagna anti-corruzione. La tempistica dell’epurazione rafforza questa opinione. Alla fine di ottobre, Trong è diventato il primo leader straniero a visitare la Cina dopo che il presidente Xi Jinping si è assicurato un terzo mandato senza precedenti come leader supremo del Paese.

Da tempo si dice che il Partito comunista vietnamita chieda l’approvazione della controparte cinese quando nomina o sostituisce persone che occupano posti chiave nel partito.

Anche l’esclusiva disposizione di legge del Vietnam che punisce gli atti che “danneggiano i beni dello Stato” potrebbe ostacolare la crescita. In base alla legge, se i progetti pubblici subiscono perdite inaspettate, i funzionari responsabili potrebbero subire accuse penali per corruzione, prospettive che potrebbero renderli esitanti nell’approvare i progetti.

I recenti sviluppi politici “avranno chiaramente un impatto negativo a breve termine” sull’economia, ma non ci saranno effetti significativi a medio e lungo termine, ha dichiarato il professore emerito dell’Università Waseda Tran Van Tho. «La politica economica del Paese non cambierà perché la legittimità del Partito comunista vietnamita risiede nel raggiungimento della crescita», ha affermato.

I recenti sconvolgimenti politici, tuttavia, potrebbero indurre molte aziende globali a mettere in discussione il Vietnam come destinazione di investimento per contribuire alla diversificazione delle catene di approvvigionamento. Il concetto di friend-shoring – ovvero la delocalizzazione delle catene di fornitura in Paesi dove il rischio di disordini politici è basso – sta prendendo piede tra le multinazionali alla luce della crescente acrimonia tra Stati Uniti e Cina, degli effetti della pandemia e dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Il Vietnam ha gradualmente iniziato a svolgere un ruolo chiave nelle catene di approvvigionamento globali.

Sebbene il governo monopartitico del Vietnam sia considerato in contrasto con i principi e i valori democratici sostenuti dai Paesi occidentali e dal Giappone, il Paese si è guadagnato l’attenzione come base per il friend-shoring grazie alla sua diplomazia a due livelli che finora ha garantito la neutralità politica.

La globalizzazione e il libero scambio sono stati la chiave della rapida crescita del Vietnam. Ma il panorama globale è cambiato notevolmente, con Washington che definisce la sua rivalità con Pechino come una battaglia tra democrazia e autocrazia, e l’economia mondiale sempre più divisa in blocchi commerciali basati su interessi strategici.

Maddalena Ingrao

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