
L’inflazione non dà sollievo ai venezuelani. I salari sono inferiori al paniere previsto dal governo e di molto; con un calo del potere d’acquisto del 37,2% riporta la rivista venezuelana Panorana.
L’istituto demoscopico Cendas nel suo ultimo rapporto, ha detto che la differenza tra il valore di quanto è “regolato” e la manipolazione del mercato è pari a al 21.856,4% con gli articoli più cari come pesce (69,3%), il formaggio bianco (41,5%), la carne e piatti preparati (47%) e il caffè (49,1%).
Ad esempio nella città di Maracaibo, il divario si riflette così: mentre un riso ha un prezzo regolamentato di104,23 bolivar, nei negozi è 20 mila bolivar; nel caso della farina precotta, il prezzo fisso è 639, tuttavia lo vendono fino a 18 mila bolivar.
I “prezzi concordati”, contenuti nei piani governativi sono stati attesi per quasi due mesi, ma non si sono rivelati una novità e hanno respinto un effetto contrario: «Si presume che i cosiddetti “prezzi equi” siano stati concordati perché basati sulla struttura dei costi dei prodotti, poi c’è stata una sorta di accordo tacito tra il governo e il produttore (…) che allo stesso tempo, ha proposto di limitare i controlli per poi eliminarli».
Altro aspetto della crisi profonda è legato al finanziamento della Banca centrale del Venezuela Pdvsa e alle aziende non petrolifere, che porta ad un aumento dell’offerta di moneta e quindi crea l’inflazione: «Questo indicatore è salito del 600% anno su anno e in termini nominali del 382% quest’anno. Mentre la base monetaria è aumentata del 972,3% da dicembre a ottobre».
Si prevede che il quinto aumento di stipendio, previsto a novembre, sarà insufficiente a fronte di un tasso di inflazione del 536,2%: «Il governo deve prima attaccare l’inflazione e smettere di finanziare il disavanzo fiscale (…). Questo colpisce il settore produttivo, soprattutto a causa dei controlli sui prezzi».
Maddalena Ingrao