VENEZUELA. Ecco perché Maduro vorrebbe vendere PDVSA a Rosneft, Repsol ed ENI

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La produzione della Pdvsa è scesa al suo minimo di 75 anni, a solo 1 milione di bpd; il suo debito si è attestato a 34,5 miliardi di dollari nel 2019; è in default sulle sue obbligazioni, in parte perché non può esportare petrolio viste le sanzioni statunitensi, né può esportare il suo petrolio in alcun modo; ha chiuso tutte le sue raffinerie, di fatto.

Le sanzioni statunitensi che hanno paralizzato l’intera economia venezuelana limitando le esportazioni di petrolio stanno affossando il paese sudamericano tanto che il governo Maduro avrebbe messo in vendita le azioni della Pdvsa e le avrebbe offerte a tre major con cui Caracas ha rapporti: Rosneft, Repsol, Eni; quindi l’invito è stato fatto ai tre paesi dietro a queste società: Russia, Spagna e Italia, riportano Bloomberg e altri media come OilPrice

Incombono comunque le sanzioni statunitensi che si estendono a quasi tutti i partecipanti a qualsiasi esportazione di greggio dal Venezuela, anche alle compagnie di navigazione. Accanto a questo elemento ostativo esterno, stanno poi le difficoltà interne, a partire da quelle costituzionali: la costituzione del Venezuela limita la proprietà straniera e quindi per poter andare avanti con una simile operazione andrebbe emendata la costituzione venezuelana. 

Su che base l’amministrazione Maduro avrebbe scelto possibili acquirenti, quindi. Con tutti e tre questi soggetti la Pdvsa è in rapporti. 

Con i russi di Rosneft, Caracas ha un rapporto consolidato anche a livello politico. In quanto maggiore produttore di petrolio russo e maggiore sponsor del Venezuela dopo la Cina, Rosneft ha le competenze necessarie, e forse Mosca potrebbe cancellare parte del debito di 800 milioni di dollari; già in passato, Pdvsa ha offerto a Rosneft partecipazioni di proprietà in ben nove dei più proficui progetti petroliferi. Inoltre Pdvsa lavora con Rosneft in cinque progetti congiunti che hanno prodotto 59 miliardi di barili di petrolio nel 2017. Rosneft è già in affari con PDVSA, e non può permettersi di far crollare PDVSA o il Venezuela. Va poi ricordato che Rosneft, società di stato russa, detiene indirettamente l’attività commerciale di Citgo. Inoltre Rosneft sta cambiando i suoi contratti uscendo dalla contrattazione in dollari, dopo le minacce di sanzioni Usa per i suoi rapporti con il Venezuela.

La Repsol ha anche concesso prestiti a Pdvsa nell’ambito di un’operazione di debito per il greggio, anche se anche Repsol, come Rosneft, ha ridotto la sua esposizione al debito venezuelano. Le spedizioni di greggio sono proseguite per la maggior parte nel 2019, al riparo dalle sanzioni statunitensi, che non si applicano agli scambi greggio per debito.

Come gli altri, anche l’Eni ha concesso prestiti a Pdvsa in cambio di forniture di greggio, e ha già un rapporto di lavoro consolidato con Caracas: dal 1998, Eni è presente nel campo gasiero Perla, nei campi petroliferi Junin 5 e Corocoro; oltre che una partecipazione nelle operazioni di raffinazione.

Graziella Giangiulio