USA. Dalla guerra nucleare alla guerra commerciale sull’acciaio

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Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha reagito alle critiche diffuse nei confronti del suo piano di imporre dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio per proteggere i produttori nazionali.

«Quando un paese sta perdendo molti miliardi di dollari nel commercio con praticamente tutti i paesi con i quali fa affari, le guerre commerciali sono buone e facili da vincere. Esempio, quando siamo giù di 100 miliardi di dollari con un certo paese e non sono soddisfatti, non commerciamo più, anzi vinciamo alla grande. È facile!» ha detto Trump.

Riporta Laht, che l’annuncio del presidente d’imporre dazi fino al 25 per cento e 10 per cento, rispettivamente, su acciaio importato e alluminio, ha stimolato una caduta di 420 punti sulla borsa valori di New York. Alcune delle critiche più aspre alle tariffe previste provenivano dai colleghi repubblicani di Trump, la maggior parte dei quali sono ardenti liberoscambisti.

Il presidente repubblicano della Camera dei Rappresentanti, Paul Ryan, ha detto che i lavoratori e le imprese degli Stati Uniti potrebbero soffrire di “conseguenze indesiderate” se venissero imposte simili tariffe, mentre il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker è stato uno dei vari leader internazionali che hanno minacciato ritorsioni.

Roberto Azevedo, direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio, ha detto, inaspettamente di essere contrario: «L’Omc è chiaramente preoccupata per l’annuncio dei piani statunitensi in materia di dazi sull’acciaio e l’alluminio. Il potenziale di escalation è reale, come abbiamo visto dalle risposte iniziali degli altri. Una guerra commerciale non è nell’interesse di nessuno». 

La Casa Bianca non sembra minimamente colpita dalle critiche; paradossalmente, la proposta di Trump ha ottenuto una risposta molto più calda da parte di alcuni democratici, che hanno descritto le tariffe come un passo “da tempo atteso” per aiutare i lavoratori siderurgici.

La decisione del presidente non era popolare neanche all’interno della propria amministrazione.

Graziella Giangiulio