Un bad bank per non far chiudere le banche spagnole

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La Spagna, sempre più nel mirino degli speculatori internazionali, si sta sforzando per vendere i suoi asset tossici per un valore di 90 miliardi di euro (117 miliardi dollari), titoli che dovrebbero essere comprati dalle banche che li possiedono e che devono essere salvate per farli finire in pancia alla “bad bank” aumentando così il rischio di perdita per tutti i contribuenti, ma altre soluzioni al momento non ve ne sono. 

Gli analisti finanziari hanno già bocciato l’iniziativa spagnola perché considerata troppo rischiosa da un punto di vista degli investitori. Si tratterebbe di creare un grande contenitore di debiti da parcellizzare e vendere a pezzetti sul mercato. Per chi compra promesse di ottimi rendimenti tra 15 anni, ma se dovesse andare male, ovvero i debiti non venissero pagati, le perdite sarebbero molto elevate. La Spagna è stata messa in ginocchio dalla bolla speculativa immobiliare, sono stati dati in appalto molti quartieri, edificati a fronte di un pseudo sviluppo economico, decennio d’oro 1988-2008, a fronte del quale però sono mancate le riforme strutturali. Con il problema della bassa competitività del Paese dovuta tra le altre cose anche all’elevato prezzo dell’energia.

Madrid ha dunque tempo fino alla fine del mese prossimo per stabilire l’istituzione, una condizione di 100 miliardi di euro di aiuti esterni, per il suo sistema finanziario, richiesto all’Europa nel mese di giugno.

La “bad bank”, fanno sapere fonti governative, non non sarà in grado di fornire finanziamenti ai potenziali acquirenti delle proprie attività, peccato però che quegli asset finiranno sul mercato e qualcuno li comprerà.

L’obiettivo della Spagna è quello di mettere a “riposo” i prestiti immobiliari e altri beni a rischio per la durata di 15 anni, nella speranza che, in quindi anni l’economia abbia ripreso la sua corsa, e quindi le banche abbiano bilanci positivi.