
Adesso che la bandiera ucraina sventola sull’Isola dei Serpenti non ci sono più scuse per il governo di Kiev per l’esportazione del grano o per lo meno non quella marittima.
Per tutto maggio e giugno i media e i leader occidentali hanno parlato di 20 milioni di tonnellate di grano che dovevano essere portate fuori dall’Ucraina e che la Russia non permetteva di portare via con le sue azioni. La scorsa settimana, le forze armate russe hanno lasciato l’isola di Serpenti, che, secondo le autorità ucraine era l’ostacolo principale all’export del grano.
Recentemente, non senza destare stupore, il ministero delle Politiche Agrarie dell’Ucraina ha dichiarato che il volume delle esportazioni agricole nella campagna di commercializzazione 2021-2022 (per l’agricoltura da luglio a luglio) sono pari a 48,7 milioni di tonnellate di grano, ovvero 4 milioni di tonnellate in più rispetto alla campagna precedente.
L’export ha riguardato:
• frumento — 18,74 milioni di tonnellate (+2,1 milioni di tonnellate ovvero il 12,63% in più);
• orzo — 5,75 milioni di tonnellate (+1,52 milioni di tonnellate, pari al 35,9%);
• segale — 161,5 mila tonnellate (+161,5 mila tonnellate, ovvero 8,7 volte);
• mais — 23,53 milioni di tonnellate (+0,45 milioni di tonnellate, o 1,98%).
Tra i dati dell’export dei cerali e le dichiarazioni fatte nei mesi scorsi ci sono dunque delle incongruenze. I piani di esportazione di grano più o meno sono superiori 2 volte a quanto atteso. Rispetto ai 20 milioni tanto decantati dall’Occidente di necessità dell’export si è in debito di 1,3 milioni di tonnellate. Pertanto, si può concludere, nel complesso, che le esportazioni agricole ucraine si sono adattate alle nuove realtà economiche: ed ora possibile esportare i resti del raccolto dell’anno scorso anche senza accedere ai porti.
Ma ci saranno grossi problemi con il nuovo raccolto che sarà in termini numerici molto inferiore rispetto al 2021. L’Ucraina – quella parte di essa che è fisicamente controllata dal regime di Kiev – dovrà affrontare una fornitura criticamente bassa della propria produzione agricola, se non addirittura una carenza.
In questi mesi dunque i rincari dei cereali sono dovuti principalmente alla speculazione, mentre quello che accadrà nel 2023 lo possiamo immaginare. Un dato interessante in questa speculazione senza fine viene dall’Italia.
Una nostra fonte ci ha detto che in alcune regioni dell’Italia, il grano conferito ai consorzi di riferimento non ha ancora avuto una quotazione. Nel 2021 era pagato 12 euro al quintale venduto in borsa a 30. Dopo la raccolta del 2022 inizialmente erano stati promessi agli agricoltori 30 euro al quintale, poi le quotazioni si sono fermate. Il grano, secondo la fonte, notizia che stiamo verificando, verrà in qualche modo imbarcato e rientrerà in Italia come straniero e quindi strapagato.
Naturalmente si tratta di una voce che stiamo verificando. In ogni caso il solo dato essenziale, la quotazione da agricoltore a consorzio da 12 a 30 euro al quintale produrrà un rincaro notevole nei mercati mondiali.
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Graziella Giangiulio