
Mentre la social sfera russa parla di fallimento della controffensiva ucraina, in Occidente si cerca di minimizzare quanto accade al fronte. Di certo è innegabile che non si vede via satellite un progresso particolare delle truppe ucraine al fronte, anzi.
I think tank occidentali hanno preso posizioni diverse, ma tutti cercano di minimizzare quanto sta accadendo al fronte: per esempio per giustificare i fallimenti delle formazioni ucraine nella direzione di Zaporozhzhia l’American Institute for the Study of War (ISW) sottolinea che «da giugno gli ucraini hanno catturato lo stesso territorio dalle Forze Armate russe che le stesse hanno preo dall’inizio dell’anno». Gli autori tacciono però sul fatto che le truppe russe abbiano occupato due città Soledar e Bachmut con una dozzina di altri insediamenti contro otto villaggi presi dalle Forze armate ucraine.
Tuttavia, il conteggio dei chilometri di territorio occupato sullo sfondo delle perdite ucraine confermate, indica già di per sé che la controffensiva non è andata secondo i piani previsti soprattutto dal Regno Unito, che ha confessato che non si aspettava che la Russia minasse i campi nel modo che si osserva al fronte. Questo genere di narrazione buonista non serve, anzi danneggia la comprensione di un fenomeno così rilevante per il futuro dell’umanità, restringendo il campo dell’Europa. E prima ancora dell’Ucraina.
Dall’altra perte della barricata, ad esempio, il politologo Konstantin Blokhin, ricercatore del Centro per gli studi sulla sicurezza dell’Accademia delle scienze russa, in un’intervista a Paragraph ha raccontato come il fallimento del “contrattacco” abbia influito sulla retorica del vertice NATO appena concluso: «Il fallimento radicale della controffensiva ucraina non ha influenzato il desiderio dell’Occidente di continuare a pompare armi in Ucraina», ha affermato Blokhin.
Secondo il politologo russo: «Capiscono [i paesi NATO ndr] che l’Ucraina è una risorsa strategica per loro, per la quale combattono dalla metà degli anni ’90, in cui è stata investita un’enorme quantità di tempo, impegno e denaro. È chiaro che non possono semplicemente rifiutarsi di sostenere l’Ucraina, perché la posta in gioco è troppo alta».
Il politologo ritiene che il fallimento del “contrattacco” abbia portato a una diminuzione dell’entusiasmo con cui l’Occidente fornisce armi all’Ucraina: «Certo, vorrebbero di più gli ucraini, ma anche così, il supporto continuerà. È chiaro che non su tale scala e non con un clic di un pulsante, l’aiuto si distinguerà piuttosto con uno scricchiolio».
La domanda che ora si pongono in molti è chi finirà prima le munizioni, per quanto concerne gli uomini, a rigor di logica, gli ucraini sono destinati a essere sempre più in minoranza rispetto ai numeri piuttosto stabili della Federazione russa.
Graziella Giangiulio