#UKRAINERUSSIAWAR. Al Summit di Teheran protagonista la Siria

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Mentre l’Occidente continua a gridare all’alleanza anti-Occidente partorita al vertice di Teheran, tra Russia, Iran e Turchia o per dirla con le parole dei media e politici statunitensi: un summit che ha mostrato l’isolamento di Putin; va sottolineato che questo vertice in realtà da un lato era il proseguimento degli accordi di Astana sulla Siria, dall’altro è il prosieguo di una nuova politica estera russa iniziata ben prima dell’Operazione speciale in Ucraina che ha solo accelerato un processo in atto da molto tempo.

Facendo un passo indietro: a partire dal 2021 Mosca, ha capito che non ci sarebbero stati margini di trattative con gli Stati Uniti e l’Europa sulla questione allargamento della Nato, e pur lasciando una porta aperta, ha cominciato a guardarsi attorno e gli accordi siglati il 5 febbraio 2022 con la Cina ne sono un esempio.

Il vertice di Teheran, per cui Putin si è mosso da Mosca, ha avuto dunque la politica estera come protagonista in cui si vede come il centro dello Scacchiere geopolitico globale ora non è più sull’Atlantico ma sul Pacifico. Ricordiamo i numerosi accordi economici siglati con l’India nell’ultimo periodo come quello delle forniture di gas e petrolio a prezzi ridotti ma in gran quantità. Il primo e poi l’attuale tentativo con i paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina Sud Africa) di dare vita ad una nuova moneta di scambio, diversa dal dollaro e ancora la questione di una banca per i Brics, la New Development Bank (Ndb) ed ora l’India ha proposto anche una agenzia di rating per i Brics.

L’incontro di Teheran dunque va visto non come una alleanza anti-occidentale, ma come il proseguimento di politiche estere iniziate almeno 12 anni fa da Mosca. La cecità statunitense e l’incapacità europea di essere potenza rischiano di far isolare il Vecchio Continente e il Gigante malato, mentre il resto del globo resta interconnesso.

Tornando al summit di Teheran ci soffermiamo sulle dichiarazioni del premier russo, Vladimir Putin: «La Turchia ha fatto molto per raggiungere un accordo sulle esportazioni di cereali ucraini ma le autorità di Kiev si sono rifiutate di attuare gli accordi e non hanno intenzione di farlo nemmeno ora. E ancora ha detto, l’Ucraina ha chiuso una delle due vie di transito del gas attraverso il suo territorio per motivi politici».

Il capitolo Ucraina a quanto pare per Putin è chiuso. La guerra farà quello che la politica non è riuscita a fare. Prenderà tempo e cercherà di mettere in difficoltà l’Europa. Da come il premier russo si sta muovendo, infatti, al contrario di quanto dice la Nato, sembra che ci sia interesse ad una guerra lunga, sul modello Siria.

Ritornando alle dichiarazioni di Putin: «La Russia e l’Iran hanno buone prospettive di cooperazione in diversi settori, tra cui lo sviluppo delle infrastrutture». L’Iran dopo anni di sanzioni ha bisogno di ricostruire il paese: dalle infrastrutture energetiche a quelle dei trasporti e ricordiamo lo sviluppo del nucleare che Putin potrebbe sostenere, limitatamente, in cambio di droni veloci, che gli servono attualmente in Ucraina.

Putin inoltre sostiene che: «Gli europei hanno scommesso sull’energia non convenzionale perché sono grandi specialisti di relazioni non convenzionali. La crisi energetica in Europa è stata causata da condizioni climatiche sfavorevoli per l’energia verde. L’Occidente stesso chiude le rotte energetiche alle risorse russe e impone sanzioni. Gazprom è pronta a pompare quanto gli serve. saranno abolite tutte le restrizioni aeree sulle esportazioni di grano russo».

Infine il vero nucleo centrale del summit: la questione siriana. Iran, Turchia e Russia hanno sulla Siria mire molto diverse e ultimamente l’azione turca non è vista di gradimento da parte russa e iraniana. Quattro i temi principali discussi: la situazione a Idlib, il Comitato Costituzionale siriano, il ritorno dei rifugiati siriani e la possibile operazione della Turchia nel nord-est della Siria. Comune è stata l’opinione secondo cui gli Stati Uniti debbano lasciare la Siria. Al contrario le dichiarazioni dei presidenti russo e iraniano indicano il loro rifiuto di qualsiasi aggressione militare turca nel nord della Siria, non avendo quindi Erdogan ottenuto alcun via libera per lanciare un nuovo attacco. Anche se non sembra che questo la fermerà, dal momento che sembra che la Turchia proseguirà la sua battaglia contro i curdi, etichettati come organizzazioni terroristiche, senza preoccuparsi di chi la sostiene.

Putin in particolare ha detto: «La spina dorsale del terrorismo internazionale è stata spezzata in Siria; l’est dell’Eufrate (regione petrolifera) deve essere posta sotto il controllo delle autorità ufficiali di Damasco. I crimini, il separatismo, l’estremismo nei territori fuori dal controllo di Damasco sono facilitati dalla linea distruttiva dei Paesi occidentali guidati dagli Stati Uniti. I siriani devono determinare da soli il destino del loro Paese. Si sono accumulate molte questioni urgenti per stabilizzare la situazione in Siria. Il livello di violenza in Siria è diminuito notevolmente ed è stato avviato un vero e proprio processo di risoluzione politica e diplomatica. I siriani hanno dimostrato la volontà di trovare un accordo sulle questioni prioritarie per il futuro del loro Stato. Le sanzioni contro la Siria e il popolo siriano stanno portando a risultati molto deplorevoli: quasi il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. L’esercito americano deve lasciare l’Est dell’Eufrate e smettere di saccheggiare la Siria esportando petrolio illegalmente. Tutti gli aiuti umanitari devono passare attraverso le autorità ufficiali siriane. Russia, Turchia e Iran hanno divergenze sulla Siria, ma i Paesi sostengono il processo costituzionale».

Nonostante non fosse presente all’incontro, pur essendo in ogni caso recatosi a Teheran negli stessi giorni, il ministro degli Affari Esteri del governo siriano, Faisal Miqdad, ha espresso la sua opinione sul vertice, ritenendo che esso sia la prova dell’importanza del ruolo della Siria nella regione. Inoltre, egli ha espresso soddisfazione per il ruolo svolto dalla parte iraniana nei colloqui. Ha anche aggiunto che qualsiasi aggressione turca sul territorio siriano e l’istituzione di una safe zone destabilizzeranno la regione; che il popolo siriano si sforzerà di espellere gli occupanti e l’America e Israele hanno già messo a dura prova la volontà del popolo di porre fine all’occupazione. Infine, ha richiesto alla comunità internazionale di contribuire attivamente al processo di ricostruzione in Siria e a consentire il ritorno dei rifugiati.

Khamenei durante il suo incontro con Erdogan ha sottolineato che qualsiasi azione militare in Siria danneggerà la Turchia, la Siria e la regione, che è necessario preservare l’integrità della Siria e che qualsiasi azione militare al suo interno avvantaggerà i terroristi. Interessante è quanto riportato dai media iraniani sulla strategica importanza di Tal Rifaat, per l’Iran, al punto che è ritenuta una questione che non può essere oggetto di negoziazione. Khamenei si è poi rivolto anche a Putin, sottolineando quanto detto sopra sulla necessaria rimozione delle forze statunitensi dalla Siria, nello specifico dai giacimenti petroliferi nell’est della Siria.

Erdogan, ha affermato che c’è l’intenzione di tenere incontri regolari all’interno del processo di Astana per trovare una soluzione alla crisi siriana. Ha parlato di passi in avanti per una soluzione politica in Siria e per la stesura di una nuova costituzione. Conferma la volontà di rimuovere le organizzazioni terroristiche che sono ancora efficaci e continuano a svolgere le loro operazioni in Siria, in modo da tenerle lontane dai confini turchi. Sulla questione dei rifugiati si mostra disponibile a fornire il sostegno umanitario a quattro milioni di rifugiati ma gli oneri non dovrebbero essere addossati solo alla Turchia. Conferma che mezzo milione di rifugiati siriani sono tornati nel loro Paese e sono sicuri della volontà di tornare, ma è del tutto evidente che questa affermazione sia del tutto irrealistica. Sulla situazione a Idlib dichiara di comprendere le preoccupazioni per la presenza di alcuni partiti nella zona, ma continua la ricerca di soluzioni. Sulle relazioni con l’Iran, ritiene fondamentale portare il volume degli scambi commerciali a circa trenta miliardi di dollari; rafforzare le relazioni nel campo delle industrie dell’energia e della difesa e nella lotta al terrorismo; Gulen, PJAK, PKK, PYD e le organizzazioni terroristiche delle YPG sono un pericoloso flagello per la Turchia e l’Iran. Anche Erdogan si pronuncia su Tal Rifaat e Manbij, affermando che queste due città rappresentano dei focolai del terrorismo e che è giunto il momento di purificarli.

Graziella Giangiulio

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