Ue: punto di svolta per l’Open Access

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BELGIO – Bruxelles 26/08/2013. Il percorso che condurrebbe ad una globale disponibilità open-access dei risultati della ricerca scientifica è stato recentemente evidenziato da uno studio della Commissione Europea. Il documento sottolinea come l’open-access stia raggiungendo un punto di svolta, con quasi la metà delle pubblicazioni scientifiche prodotte nel 2011, disponibile gratuitamente on-line a soli due anni di distanza. Si tratterebbe di due volte il livello stimato in precedenti indagini; ottenuto con una metodologia più accurata ed una più vasta definizione del termine.

Attualmente, prendendo in esame il lasso temporale 2004-2011, sarebbe pertanto disponibile oltre il 40% degli articoli scientifici immessi in rete dai paesi dell’Unione Europea, dalla Svizzera, il Lichtenstein, l’Islanda, la Norvegia, la Turchia, la Macedonia, Israele,  Brasile, Canada, Giappone e Stati Uniti. Inoltre, in due ulteriori documenti rilasciati negli scorsi giorni, verrebbero prese in esame le politiche di open-access e la tematica del libero accesso ai dati. Con riferimento alle prime, i documenti riscontrano come le 48 principali fondazioni che insistono sui paesi campione considerino accettabili varie modalità di open-access per le pubblicazioni scientifiche: nella forma della divulgazione immediata su riviste specializzate – tipologia definita “gold and hybrid open-access”- oppure, nella forma dell’auto-archiviazione, indicata come “green open-access”. Circa il 75% delle fondazioni prese in esame, ha inoltre definito accettabile un periodo di “embargo” tra la pubblicazione ed il libero accesso, compreso tra i sei e i dodici mesi.

Nell’ultimo dei tre documenti rilasciati verrebbe tuttavia evidenziato come vi sia carenza di politiche atte a garantire l’accesso ai dati scientifici; rispetto alla fruibilità delle pubblicazioni risultato dell’analisi di tali dati. In altre parole, in questo processo evolutivo non sarebbe ancora del tutto salvaguardato l’accesso alla fonte primaria; lasciando al risultato della cooperazione tra cittadini, istituzioni, governi, associazioni non-profit e settore privato lo sviluppo di infrastrutture, standard, prototipi e tipologie di business che integrino nel modello una forma di “open-access data”.

Da un punto di vista sistemico, agevolando la consultazione dei risultati della ricerca, l’open-access potrebbe contribuire a progresso scientifico e innovazione, sia nel settore pubblico che nel privato. Lo studio operato dalla Commissione ha considerato le pubblicazioni accademiche in 22 settori della scienza, con risultati apprezzabili nell’ambito scienza intesa in senso lato, della tecnologia, della ricerca bio-medica, della biologia, della matematica e della statistica. Sono invece apparsi alla stregua di settori ad accesso limitato i domini delle scienze umane e sociali, nonché delle scienze applicate ingegneristiche e tecnologiche.

In quest’ottica, nella Comunicazione IP/12/790 la Commissione identifica l’open-access come uno strumento chiave per implementare la circolazione della conoscenza e l’innovazione nei territori dell’Unione. Con il risultato di rendere obbligatoria la condivisione di tutte le pubblicazioni scientifiche prodotte grazie al finanziamento “Horizon 2020”; ossia tramite il programma di sovvenzione europea per la ricerca e l’innovazione che coprirà il periodo 2014-2020. Il duplice criterio prevede che gli articoli vengano resi immediatamente accessibili on-line dall’editore – secondo i dettami del “gold and hybrid open-access”, contestuale ad una richiesta di rimborso dei costi di pubblicazioni inoltrata alla Commissione Europea. Oppure, in alternativa, i ricercatori dovranno rendere disponibili gli articoli presso una banca dati condivisa non più tardi di 6 mesi – con deroga a 12 mesi per i campi delle scienze sociali e umane – dal giorno della loro pubblicazione, seguendo la linea del cosiddetto “green open-access”, obbligatorio allo scadere del cosiddetto periodo di “embargo”.