La Rubrica #cyberlawdiritto

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ITALIA – Catania. 01/09/13.

Un’Europa digitale a due velocità senza il diritto di accesso ad Internet tra i principi fondamentali europei.

Lo storico passaggio dalla Società industriale alla Società dell’Informazione ha determinato un profondo cambiamento globale, al punto tale da assumere le caratteristiche di una vera e propria rivoluzione storica dell’umanità.

 

La Società dell’Informazione è caratterizzata dalla diffusione generalizzata delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, grazie alla disponibilità sempre maggiore di computer, dispositivi mobili e nuovi media comunicativi che consentono di creare una grande “ragnatela globale” tipica del cyberspazio in modo da poter mettere in contatto tutti gli utenti in qualsiasi momento e in ogni luogo.

In tale prospettiva, le nuove tecnologie digitali stanno costruendo un nuovo spazio pubblico in cui si intensificano i luoghi di aggregazione e gli strumenti di comunicazione e informazione, con la conseguente ridefinizione dei rapporti tra individui e comunità. L’evoluzione rivoluzionaria della Rete sta mutando le tradizionali dinamiche che costruiscono i legami sociali, trasformando identità personali, appartenenze e culture politiche e sociali, al punto tale da rinnovare profondamente gli assetti della democrazia e della società nel suo complesso, soprattutto grazie alla straordinaria quantità di informazioni disponibili nel cyberspazio.

Rispetto alla dimensione tipica della società industriale, la società dell’informazione manifesta caratteristiche peculiari profondamente diverse, dal momento che si assiste ad un’inesorabile trasformazione del tradizionale paradigma di ricchezza che identifica lo sviluppo generale della società: il bene materiale diventa immateriale: dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, infatti, nel giro di pochi anni la società industriale, basata sulla produzione di beni materiali per assicura ricchezza, sviluppo e produttività, ha ceduto il passo alla società postindustriale (ossia la Società dell’Informazione), basata sulla produzione di massa di beni immateriali e informazione.

In queste condizioni, la conoscenza diventa la principale merce scambiabile e commerciabile per generare ricchezza e sviluppo. Da qui l’importanza di accedere e utilizzare con consapevolezza le nuove tecnologie digitali, strumenti privilegiati di diffusione di informazioni e risorse.

Si delinea una nuova forma di uguaglianza sociale strettamente connessa alla condizione di accessibilità alle nuove tecnologie, in grado di alimentare il noto fenomeno dell’esclusione digitale, per indicare la grave e preoccupante situazione di impossibilità da parte di un’ampia percentuale della popolazione europea di accedere alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, alla luce della rilevanza che il fattore “knowledge” ha assunto con l’avvento della Società dell’Informazione.

Emerge il paradigma fondamentale di un’uguaglianza sociale di grande rilievo nella società attuale, per assicurare un trattamento uguale e non discriminatorio a favore di tutti gli individui, affinché siano garantite le medesime possibilità di partecipazione alla vita politica, economica e sociale della collettività di appartenenza, nonché le medesime condizioni di sviluppo della personalità umana, oggi sempre più influenzate da un’effettiva accessibilità alla Rete Internet.

Nella società dell’informazione per l’utilizzo delle tecnologie digitali e, in particolare di Internet, si pone il problema di predisporre un’adeguata politica pubblica di alfabetizzazione informatica per assicurare una diffusione illimitata dell’informazione, evitando di generare un grave divario nella fruizione e disponibilità di conoscenze.

La diffusione delle nuove tecnologie su base ristretta, infatti, può diventare un grave fattore di discriminazione, riproducendo un divario tra ricchi e poveri mediante differenzazioni ingiustificate nell’acquisizione di conoscenze realizzabile con l’accesso alla Rete.

L’evoluzione di Internet dimostra chiaramente che esso sta profondamente cambiando la società nel suo complesso, rivoluzionando la cultura, l’economia e la politica: Internet, infatti, rappresenta uno strumento indispensabile per promuovere iniziative democratiche e per favorire il dibattito politico, uno strumento fondamentale per esercitare la libertà di espressione, per promuovere attività commerciali, per diffondere il valore primario della conoscenza e in generale per garantire l’esercizio effettivo e regolare di rilevanti diritti individuali e collettivi configurabili online.

Internet rappresenta una straordinaria opportunità per rafforzare la cittadinanza attiva e la partecipazione dei cittadini alla vita politica e istituzionale al punto tale da richiedere la costruzione di un nuovo e innovativo quadro giuridico dei diritti fondamentali. L’accesso alle reti costituisce un fattore indispensabile per il corretto e regolare esercizio dei diritti che si manifestano nello spazio virtuale della Rete.

Intervenendo direttamente a livello dei principi fondamentali dell’ordinamento dell’Unione europea mediante la configurazione normativa di parametri inderogabili che vincolino concretamente il legislatore ordinario, i pubblici poteri e gli operatori commerciali si potrebbe favorire lo sviluppo omogeneo della banda larga su tutto il territorio europeo per ridurre gli effetti negativi del digital divide esistente tra zone periferiche e aree urbane in maniera tale da diffondere in modo omogeneo a tutti gli individui i servizi informatici e telematici che caratterizzano la Società dell’Informazione, superando la preoccupante condizione di esclusione digitale che preclude ad una percentuale significativa della popolazione europea la possibilità di accedere alla Rete Internet.

Secondo i dati interessanti forniti dal recente rapporto Akamai “sullo Stato di Internet” ( http://www.akamai.com/dl/akamai/akamai_soti_q113.pdf?WT.mc_id=soti_Q113) nel primo trimestre 2013 in cima alla classifica europea risulta la Svizzera, registrando la maggiore velocità di connessione media (10.1 Mbps); al secondo posto del podio i Paesi Bassi (con 9.9 Mbps, in crescita del 10% rispetto al trimestre precedente). Ottimi i risultati conseguiti da Svezia (8.9 Mbps), Danimarca (8.2 Mbps) e Austria (7.9 Mbps), tre Paesi la cui velocità di connessione media è aumentata di oltre il 10% rispetto al trimestre precedente. Romania e Svizzera sono gli unici Paesi europei ad avere raggiunto un picco medio della velocità di connessione superiore ai 40 Mbps, mentre le altre nazioni si sono attestate al di sopra dei 20 Mbps. Considerando gli aumenti anno su anno del picco medio, la crescita maggiore è stata quella della Gran Bretagna (+ 53%, con un picco di 36,3 Mbps) e Svizzera (+ 41%); mentre altre nazioni hanno riscontrato una crescita intorno al 30%: Svezia (+38%), Danimarca (+32%), Spagna (+31%), Paesi Bassi e Belgio (+30%). In Italia, la velocità media di connessione nel primo trimestre 2013 si attesta sui 4.4 Mbps, più veloce del 4.4% rispetto al trimestre precedente e del 5.4% rispetto allo stesso periodo lo scorso anno. Il picco medio di velocità di connessione raggiunto nel nostro Paese è pari a 21.8 Mbps, maggiore del 9.7% rispetto al trimestre precedente e del 24% rispetto allo scorso anno. Si tratta però del picco più basso di tutta Europa.

L’impatto applicativo di tali dati statistici è inequivocabile nella misura in cui alimenta una preoccupante situazione di divario digitale provocata da difformi condizioni di accessibilità alle tecnologie con il rischio di generare una duplice categoria di individui di “seria A” (inclusi digitali) e individui di “serie B” (esclusi digitali), incrementando la forma di diseguaglianza sociale tipica della Società dell’Informazione: la cd. “diseguaglianza digitale”.

È necessario promuovere un efficace processo di alfabetizzazione informatica su tutto il territorio nazionale e dell’Unione europea, tenendo presente che il fenomeno del divario digitale riguarda non solo la preliminare situazione di accessibilità alle nuove tecnologie, ma si estende, altresì, anche alla successiva capacità d’uso che si esprime mediante il possesso di adeguate competenze nell’utilizzo delle tecnologie digitali: aspetto condizionato da una serie di fattori (di tipo individuale e familiare) in grado di alimentare una grave situazione di esclusione digitale. Una volta garantito l’accesso alla Rete, infatti, occorre sviluppare adeguate capacità cognitive utili per gestire le straordinarie risorse offerte da Internet.

Internet rappresenta il principale spazio pubblico in cui si configurano nuove e più coinvolgenti dimensioni di cittadinanza attiva per assicurare agli individui la possibilità di accedere alla Rete ed esercitare i propri diritti online in condizioni di parità e uguaglianza digitale, rimuovendo gli ostacoli che, allo stato attuale, alimentano il divario digitale e impediscono la fruizione generale delle straordinarie risorse disponibili nello spazio virtuale della Rete Internet.

Il riconoscimento del diritto di accesso ad Internet nell’ambito dei principi fondamentali di un evoluto e moderno ordinamento giuridico si sostanzia in particolare nella garanzia del diritto alla connessione ad alta velocità (tramite tecnologia a banda larga, in fibra ottica mediante il sistema di Next Generation Networking) affinché lo Stato estenda diffusamente su tutto il territorio europeo in modo uniforme la banda larga e le ulteriori efficienti tecnologie di connessione per favorire il corretto esercizio dei fondamentali diritti che si manifestano nel cyberspazio soprattutto alla luce della progressiva diffusione di iniziative sperimentali di e-Democracy e di e-Government.

I vantaggi derivanti dal riconoscimento del diritto d’accesso ad Internet sono in grado di assicurare un’effettiva inclusione della persona al processo sociale e politico che si realizza con l’avvento della Rete Internet per favorire la partecipazione attiva dei cittadini alla società dell’informazione.

La rivoluzione digitale impone la necessità di predisporre una nuova, inedita e creativa tessitura giuridica dei principi fondamentali per assicurare un’effettiva protezione delle situazioni soggettive che si manifestano nello spazio virtuale della Rete e garantire il diritto di accesso ad Internet in termini di valore assoluto e inderogabile.

Il riconoscimento del diritto di accesso ad Internet nell’ambito dei principi fondamentali avrebbe un rilevante significato giuridico dal momento che assumerebbe il ruolo proprio ed infungibile delle norme costituzionale e primarie: in questo modo si avrebbe un concreto strumento diretto ad orientare l’attività normativa del legislatore attraverso la definizione di standard qualitativi minimi inderogabili da rispettare, costituendo un limite assoluto ed invalicabile per le autorità pubbliche e per gli operatori privati fornitori dei servizi di connessione alla Rete Internet.

Risulta essenziale promuovere una nuova visione di politica legislativa: piuttosto che continuare a realizzare interventi normativi a livello di legislazione ordinaria affidati ai singoli Stati membri, prendendo atto degli insuccessi reiterati derivanti da una soluzione di questo tipo (è emblematico in questo senso l’iter incerto e caotico della banda larga in Italia negli ultimi anni), si dovrebbe intervenire una volta per tutte a livello di principi fondamentali per vincolare concretamente l’attività del legislatore nella regolamentazione della Rete Internet, in maniera tale da promuovere nuove politiche pubbliche finalizzate a garantire la diffusione generalizzata dei servizi di connessione a banda larga e favorire il miglioramento degli standard politici, economici, sociali e culturali strettamente connessi alla promozione e allo sviluppo delle nuove tecnologie.

In Europa, nonostante le istituzioni dell’UE affermino da tempo il diritto di accesso alla Rete a banda larga, in realtà si tratta di mere enunciazioni di principio insuscettibili di attuazione applicativa concreta, nella misura in cui il Parlamento e la Commissione europea nel redigere concretamente i relativi atti giuridici non sono nelle condizioni di predisporre efficaci misure dirette a realizzare gli obiettivi perseguiti, confidando in un impegno del singolo Stato nella fase di recepimento normativo delle prescrizioni europee.

L’esistenza di numerose direttive comunitarie emanate nel corso del tempo (a partire dal noto pacchetto di direttive del 2002 in materia di servizi e reti di comunicazione elettronica) evidenzia l’inefficacia di questo tipo di intervento, confermando un approccio normativo non idoneo a garantire la diffusione generalizzata delle nuove tecnologie su tutto il territorio europeo, dal momento che lo strumento della direttiva lascia agli Stati membri, in sede di recepimento della disciplina europea, un eccessivo margine di discrezionalità nell’attuazione delle prescrizioni normative delineate dal legislatore europeo, vanificando la portata innovativa della normativa vigente.

In questo senso, risulta indispensabile intervenire direttamente a livello dei principi fondamentali dell’Unione europea mediante l’enunciazione di un nuovo art. 3-bis TUE che formalizzi la rilevanza dell’accesso ad Internet quale strumento indispensabile per favorire lo sviluppo di un’economia digitale europea basata su contenuti e applicazioni online per promuovere l’innovazione, la crescita economica, l’occupazione e migliorare i servizi resi a cittadini e imprese, offrendo nuove possibilità di comunicazione e un accesso più agevole ed efficace a beni e servizi transfrontalieri disponibili nel cyberspazio che circolano nel mercato unico europeo.

In assenza di un intervento normativo di questa portata, il rischio inevitabile è quello di realizzare un’Europea a due velocità, in cui ciascun Paese predispone un differente indirizzo operativo nella predisposizione di programmi di alfabetizzazione informatica per la rimozione del digital divide, con la contemporanea esistenza di cittadini europei di “seria A” e cittadini europei di “serie B” (esclusi digitali).

Dopo un passato di reiterati insuccessi in materia digitale (in considerazione del fatto che le istituzioni europee non dispongono di potere cogente mediante l’emanazione dei tradizionali interventi normativi finora realizzati e, quindi, gli Stati membri fanno ciò che vogliono), l’Unione europea può vivere una storica stagione riformatrice, proprio nel momento in cui, con la creazione di un’Agenda digitale europea, l’istituzione di un commissario ad hoc (responsabile del settore e contemporaneamente vice-Presidente della Commissione europea) può rappresentare un utile strumento per avviare una riflessione finalmente matura e consapevole sul tema delle tecnologie digitali, auspicando un approccio normativo volto al riconoscimento del diritto di accesso ad Internet tra i principi fondamentali europei, per evitare un Europea digitale a due velocità in cui il Nord Europa viaggia a pieno ritmo e il Sud vive in un’endemica situazione di arretratezza tecnologica, che preclude la possibilità di miglioramento degli standard economici e politici esistenti per assicurare un maggiore sviluppo su tutto il continente europeo.

Il riconoscimento del diritto di accesso ad Internet tra i principi fondamentali dell’Unione europea è finalizzato a promuovere un mercato unico digitale e un’effettiva interoperabilità tra i prodotti e i servizi delle tecnologie dell’informazione, consentendo di investire in Reti di Nuova Generazione, migliorare l’alfabetizzazione e l’inclusione digitale in Europea e potenziare le condizioni di realizzazione del mercato unico europeo.

Internet richiede l’elaborazione di nuove categorie giuridiche che siano in grado di attuare una concreta uguaglianza digitale che si realizza con l’avvento della Società dell’Informazione per garantire la diffusione generalizzata delle nuove tecnologie.

Allo stato attuale, invece, si registra una situazione di eterogenea diffusione delle nuove tecnologie che preclude il raggiungimento degli obiettivi menzionati. Ad esempio, la Svezia rappresenta la patria dell’innovazione tecnologica, in cui la copertura della banda larga è pari al 99% (il 33% delle case sono coperte da fibra ottica) e la diffusione presso le famiglia arriva all’83%. Il 52,4% delle linee fisse raggiunge una velocità di almeno 10 Mbps e il 91% della popolazione utilizza regolarmente la rete. Naturalmente, grazie al costante piano di investimenti realizzati nel Paese per la banda larga, si è registrato un incremento del commercio elettronico e un miglioramento delle condizioni di produttività delle imprese scandinave.

Risultati importanti si registrano anche in Germania, in cui il 31,2% delle linee fisse raggiunge la velocità di 10 Mbps, l’e-commerce sta, invece, raggiungendo un livello di utilizzazione generalizzata tra la popolazione tedesca.

Performance tendenzialmente positive sono riscontrabili anche in Spagna e Francia. Nel paese iberico, infatti, le linee con 10 Mb raggiungono il 53,8% e la rete è utilizzata regolarmente dal 62% degli spagnoli. L’E-Government è utilizzato dal 39% della popolazione. Recentemente la Spagna ha stanziato 1,5 miliardi per digitalizzare la macchina amministrativa, eliminando totalmente l’utilizzo di materiale cartaceo per migliorare il rapporto tra Pa e utenti (cittadini e imprese).

Nella realtà transalpina, il 61% dei dispositivi viaggia ad almeno 10 Mb. Internet è utilizzato dal 73% degli abitanti e l’e-commerce dal 53% della popolazione, mentre l’E-Government si attesta al 57%.

L’Italia, invece, continua a realizzare interventi settoriali, frammentati, incerti e controversi che amplificano il divario digitale sociale/globale esistente, piuttosto che predisporre riforme finalizzate ad eliminare i fattori che alimentano l’esclusione digitale.

Alla luce di tali considerazioni è opportuno attribuire al diritto di accesso ad Internet una dimensione giuridica appropriata nell’ambito dei principi fondamentali di un ordinamento giuridico evoluto e moderno, mediante un’originale ricostruzione della qualificazione giuridica del diritto di accesso ad Internet, partendo dall’esistenza di autorevoli interventi favorevoli alla valorizzazione del fenomeno della Rete Internet.

Ad esempio, in Francia il Consiglio costituzionale francese con la decisione n.580/2009, esprimendosi sulla legittimità della legge 2009-669 (cd. “Hadopi”), ha precisato che l’accesso alla rete debba considerarsi parte integrante del diritto di libertà di espressione, sancito dall’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e dall’art. 11 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, ritenendo contestualmente inammissibile che la sanzione di disconnessione ad Internet sia decisa da un organo amministrativo, essendo di competenza dell’organo giudiziario, alla stregua di quanto previsto normalmente per le limitazioni alle altre libertà personali.

Con la sentencia del 30 luglio 2010, n. 12790, la Sala Constitucional de la Corte Suprema de Justicia della Costa Rica ha qualificato l’accesso ad Internet come “derecho bàsico” affermando che «il ritardo del governo ad aprire il mercato delle telecomunicazioni alla concorrenza equivale a una violazione delle libertà fondamentali, determinandosi un grave pregiudizio alla libertà di scelta dei consumatori, al diritto alla parità e all’eliminazione del digital divide», dal momento che «l’evoluzione negli ultimi venti anni in materia di tecnologia dell’informazione e della comunicazione […] ha rivoluzionato l’ambiente sociale dell’essere umano […]. Ne discende che l’accesso a queste tecnologie si converte in uno strumento primario per agevolare l’esercizio dei diritti fondamentali, come, tra gli altri, la partecipazione democratica (democrazia elettronica) e il controllo dei cittadini, la formazione, la libertà di espressione e di pensiero, l’accesso all’informazione ed ai servizi pubblici online, il diritto a rapportarsi con i pubblici poteri attraverso strumenti elettronici e la trasparenza amministrativa».

Il Consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite, con l’approvazione della risoluzione A/HCR/20/L.13, ha considerato espressamente Internet alla stregua di un diritto fondamentale dell’uomo, ricompreso nell’art. 19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e del cittadino. Nel documento si attribuisce alla rete «una forza nell’accelerazione del progresso verso lo sviluppo nelle sue varie forme» e chiede a tutti gli Stati «di promuovere e facilitare l’accesso a Internet». Sempre L’Onu, nel Rapporto sulla promozione e la protezione del diritto di opinione ed espressione (dell’agosto 2011) ha affermato che «gli stati hanno un obbligo positivo a promuovere o facilitare il godimento del diritto alla libertà di espressione e dei mezzi di espressione necessari per esercitare questo diritto, compreso Internet», considerando «l’accesso ad Internet un mezzo indispensabile per la realizzazione di una serie di diritti umani, combattendo l’ineguaglianza e accelerando lo sviluppo e il progresso dei popoli», con la conseguenza che «l’accesso ad Internet è uno degli strumenti più importanti di questo secolo per aumentare la trasparenza, per accedere alle informazioni e per facilitare la partecipazione attiva dei cittadini nella costruzione delle società democratiche».

In occasione del G8 del maggio 2011 è stato presentato il rapporto McKinsey in cui si paragona la rivoluzione di Internet allo sviluppo e alla distribuzione dell’energia elettrica, che ha cambiato le città e ha sempre più potere nel modellare le economie su scala globale. Secondo il Rapporto «due miliardi di persone sono collegati a Internet. Circa ottomila miliardi di dollari si scambiano ogni anno via e-commerce. In tutti i mercati sviluppati quasi due terzi del business coinvolge Internet e un terzo delle piccole e medie imprese usa intensivamente la rete. Internet ha trasformato il nostro modo di vivere, il nostro modo di lavorare, il modo in cui ci incontriamo e socializziamo e lo stesso modo in cui i Paesi si sviluppano e crescono. In due decadi Internet si è trasformato da una rete per ricercatori e “smanettoni” in una realtà quotidiana per miliardi di persone».

In tale prospettiva, se si considera pacificamente riconosciuta la natura giuridica di diritto fondamentale attribuita all’accesso ad Internet, anche in considerazione dell’elevato numero di orientamenti in tal senso favorevoli che, a livello internazionale, confermano tale innovativa qualificazione giuridica, occorre inevitabilmente predisporre adeguate forme normative di garanzia per la tutela del diritto in esame, mediante un immediato intervento normativo che realizzi un importante adeguamento della normativa vigente al processo evolutivo in corso, operando nell’ambito dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano ed europeo, per evitare che si resti in una situazione di divario digitale nell’ambito del continente europeo.

Secondo il report realizzato da The Web Index – http://thewebindex.org/ (un’iniziativa del noto Tim Berners-Lee, autore dell’invenzione del World Wide Web) per analizzare lo stato di salute di Internet sul pianeta, in base alla classifica che giudica ogni singolo Stato, tenendo conto di alcuni criteri (adeguatezza delle infrastrutture, utilizzo del Web da parte degli utenti, contenuti generati, impatto economico, politico e sociale), l’Italia si piazza solamente al 23esimo posto con un punteggio complessivo pari a 56,4, dopo Egitto, Kazakistan, Qatar e poco prima di Filippine o Indonesia, con un gap al momento incolmabile che la separa dalle realtà più meritevoli: Svezia (100), Stati Uniti (97,3) e Regno Unito (93,8).

Dati che confermano il grave fenomeno del digital divide, con rilevanti implicazioni negative dal punto di vista politico, culturale, economico e sociale.

In tale prospettiva è agevole riconoscere la rilevanza della Governance della Rete mediante la predisposizione di efficaci politiche pubbliche finalizzate ad assicurare un’adeguata regolamentazione istituzionale di Internet, al fine di valutare il ricorso ad un concreto intervento normativo idoneo a ridurre il divario digitale, garantendo equità e parità di trattamento nell’accesso alle nuove tecnologie digitali, mediante la definizione di efficaci misure a sostegno dell’economia dell’informazione, al miglioramento delle infrastrutture, alla valorizzazione del processo di informatizzazione delle attività amministrative, alla promozione di una maggiore partecipazione degli individui alla vita politica.

Sostenere questa nuova definizione concettuale per giustificare la specificità della qualificazione giuridica da attribuire all’accesso ad Internet in termini di diritto fondamentale, può rappresentare, dunque, la soluzione più opportuna per regolare il fenomeno della Rete.

Angelo Alù, angelo .alu85@gmail.com, Skipe: angelo.alu.85