Di notte dormono cullati dalle sirene degli allarmi bomba, la mattina la scuola, il pomeriggio i giochi in giardino, poi la cena e di nuovo a letto, tra le sirene: sono gli orfani di Odessa, hanno da sei a dieci anni, alcuni persino tre o quattro. A Odessa sono più di 5mila, vivono divisi nelle cinque case famiglia aperte dall’amministrazione regionale.
Ridono, corrono, ricordano gli sciuscià degli anni Cinquanta in Italia: niente cellulari, un pallone o un’altalena per fare festa, un futuro a dir poco incerto. Corrono ridendo incontro agli italiani che scendono dalle macchine offrendo uva e dolci in una mattina del 2 giugno, festa della Repubblica celebrata a distanza ma non per questo meno importante. Vengono da Roma, sono tre, Gianni, Roberto e Paolo, fanno parte della delegazione dell’Istituto Nazionale Superiore della Formazione Professionale e del Raggruppamento Operativo Emergenze, l’Insfo Roe, struttura che fanno parte della rete della Protezione Civile italiana.
Sono a Odessa per avviare un progetto con l’amministrazione regionale che governa uno degli oblast più delicati dall’inizio della guerra: gli uomini dell’Insfo Roe realizzeranno, per la prima volta, una struttura che assisterà questi bambini direttamente a Odessa, nella loro città, fornendo sostegno psicologico, tecnico, formativo, didattico: tablet, medicine, giochi. Serve di tutto in questa Odessa stanca di una guerra di cui, dopo più di un anno, ancora non si vede la fine.
“Dobbiamo sostenere questa popolazione in loco, e mi riferisco ai bambini ma anche agli insegnanti e ai responsabili di queste strutture che con coraggio e abnegazione lavorano e continuano a resistere in condizioni così difficili”, spiega Giovan Battista Marchegiani, presidente dell’Insfo-Roe. “L’obiettivo di questo progetto è aiutarli in loco, aiutarli a crescere, a riabilitarli e a reinserirsi in società per riprendere una vita normale”.
Sono più di 800 i bambini orfani mandati fuori Odessa dall’inizio della guerra, la maggior parte sono in Polonia, altri in Lituania, Turchia, Romania. Chissà se e quando torneranno. Sono invece 5mila i bambini orfani o senza genitori profughi di guerra ospitati nei 5 orfanotrofi aperti a Odessa dall’amministrazione regionale nell’ultimo anno: case famiglie di due o tre piani, un giardino e poco altro.
Katia, 12 anni, da Mikolaiev, città martire vicino al Donbass, si avvicina ai volontari dell’Insfo-Roe per offrire il “pane dell’accoglienza”, una ciambella dolce con uvetta: la tradizione di benvenuto ai nuovi arrivati che portano con sé anche un TIR con 500 quintali di dispositivi medicinali, bende, mascherine, medicine, apparecchi sanitari e gruppi elettrogeni.
Dall’inizio della guerra è la seconda missione dell’Insfo Roe in Ucraina, la prima il sei marzo al confine con la Polonia a Medyka, nei giorni convulsi dell’inizio della guerra e dell’esodo di donne e bambini che scappavano dalle bombe dei russi. Per loro adesso è arrivato il momento di costruire il futuro. Marchegiani e il suo staff si riuniscono al secondo piano per mettere a punto un piano di lavoro. Al piano di sotto, in giardino, i bambini giocano sull’altalena: nei prossimi mesi l’Insfo Roe tornerà a Odessa per seguire questi bambini e avviare entro la fine dell’anno un centro per assisterli e aiutarli a costruirsi un futuro.
Maria Elena Consoli