Faglia anatolica

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TURCHIA – Istanbul. 04/6/13. L’escalation antigovernativa in Turchia negli ultimi giorni ha scoperto una serie di faglie nel complesso panorama politico del Paese. L’Akp resta però una forza politica significativa in Turchia, principalmente  per la mancanza di una credibile alternativa politica alle prossime elezioni.

Le proteste infatti non indicano finora che il partito di Erdogan rischi di perdere potere, ma rivelano i limiti alle ambizioni politiche del primo ministro. Erdogan sta cercando nuovo consenso dal processo di pace con il Partito dei lavoratori del Kurdistan, in modo da avere tramite le filiazioni politiche del Pkk un sostegno per il referendum costituzionale che trasformerebbe la Turchia in un sistema presidenziale consentendo così ad Erdogan di continuarne ad essere il leader oltre il 2014, data prevista per le elezioni presidenziali. La presenza dei manifestanti del partito filo-curdo Pace e Democrazia (Bdp) assieme a quelli del Partito Repubblicano del Popolo rischia di far naufragare il piano di Erdogan per il referendum costituzionale. Anche se l’Akp resta forte nelle roccaforti anatoliche, l’affacciarsi di nuovi scenari politici potrebbe mettere in discussione il successo, finora scontato, nelle elezioni locali di ottobre o in quelle parlamentari del 2015.

L’opposizione laica è allarmato per le politiche messe in atto dall’Akp di Erdogan poiché compromettono i principi fondamentali dello Stato turco creato da Kemal Ataturk: si va dalle misure che vietano la vendita di alcolici dopo le 22 a quelle di politica estera che cercano di plasmare e influenzare i gruppi ribelli islamici in Siria. Simili iniziative, a detta dell’opposizione, minano direttamente il mandato di Ataturk secondo il quale la Turchia deve rimanere laica ed evitare di estendersi oltre i confini dell’Anatolia.

Il crescente dissenso nei confronti dell’Akp non è però una semplice divisione tra islamisti e laici. Diffusa è la percezione, infatti, che l’Akp stia portando avanti una forma aggressiva di capitalismo che sfida le considerazioni ambientali e i valori islamici. All’interno degli ambienti economici turchi, aumenta il malcontento per il numero di concessioni date ai più stretti alleati di Erdogan.

La crisi si può leggere nel modo in cui i mass media stanno analizzando le proteste per il Parco di Gezi. Hurriyet ha di nuovo assunto una posizione contraria all’Akp, non più vista negli ultimi anni. Hurriyet ha parlato di “sconfitta” di Erdogan, titolando: “Erdogan non è più onnipotente”. L’agenzia di stampa statale Anatolia riporta le proteste definendole una “rissa” tra giovani estremisti e polizia, sottolineando il messaggio democratico del governo che ha consentito al Partito Repubblicano del Popolo di dimostrare a piazza Taksim.

Yeni Safak, giornale vicino al partito di governo, ha condannato il progetto del parco e ha simpatizzato con i manifestanti. Stessa cosa  per Zaman, gestito dai seguaci del movimento islamista moderato Gülen.