
L’industria tessile e dell’abbigliamento turca, un tempo pilastro dell’economia manifatturiera del paese basata sull’export, ha subito un drastico declino. Negli ultimi tre anni, il settore ha perso 8 miliardi di dollari di ricavi dalle esportazioni e circa 350.000 posti di lavoro.
Secondo i dati di settore riportati dal quotidiano economico Dunya, la contrazione si verifica nonostante la generale resilienza delle esportazioni turche. L’aumento dei costi del lavoro e dell’energia, la volatilità valutaria e l’indebolimento della domanda dai mercati europei avrebbero eroso la competitività in uno dei settori a più alta intensità di manodopera del paese.
I produttori lamentano che gli ordini si siano sempre più spostati verso concorrenti a basso costo in Asia e Nord Africa, lasciando i produttori turchi in difficoltà nel mantenere la quota di mercato.
La quota di manodopera nei costi dei produttori tessili turchi ha raggiunto il 15-17%, mentre nell’abbigliamento confezionato è salita a circa il 50%, riporta Dunya che cita dati dell’Associazione degli Esportatori di Tessuti e Materie Prime dell’Anatolia Sud-Orientale.
L’impatto occupazionale della contrazione del settore è stato grave. Il settore tessile e dell’abbigliamento, che da tempo fornisce lavoro a oltre un milione di lavoratori in Turchia, ha visto la sua forza lavoro ridursi al di sotto di tale soglia per la prima volta da decenni. Chiusure di fabbriche e ridimensionamenti hanno colpito i principali poli produttivi, sollevando preoccupazioni sulla sostenibilità a lungo termine del settore.
A giugno 2022, l’occupazione totale nel settore tessile e dell’abbigliamento confezionato era di 1,25 milioni di persone, ma oggi la cifra si attesta a sole 902.000 unità.
I leader del settore chiedono un sostegno politico mirato, che comprenda misure per stabilizzare i costi di produzione, migliorare l’accesso ai finanziamenti e incoraggiare gli investimenti in produzioni di maggior valore.
Senza tali misure, gli analisti avvertono che la Turchia rischia di perdere uno dei suoi tradizionali motori di esportazione, con conseguenze durature sia per il commercio che per l’occupazione.
Lucia Giannini
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