Tunisia, pronti ad una nuova tornata elettorale

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Per nulla risolta la tensione tra Presidente e Primo Ministro in Tunisia.

Dopo il picco in negativo dei rapporti tra le parti avvenuto il 25 giugno scorso quando il Primo Ministro, Hammadi Jebali, firmò il mandato di estradizione di El Baghdadi Mahmoudi, ex primo ministro di Gheddafi, mentre il presidente Moncef Merzouki stava viaggiando a sud. Il Presidente ha vissuto questo gesto come un vero e proprio affronto: aveva, infatti, promesso all’alto funzionario protezione finché in Libia non ci fosse stata la promessa di un giusto processo. 

Il Presidente sostiene che Jebali ha violato la sua autorità, ha deliberatamente invaso i poteri ad esso delegati dall’Assemblea Costituente.

I poteri delegati al Capo dello Stato riguardano in modo particolare la sfera estera e la difesa. Mentre dal gesto di Jebali, è chiaro che l’Ennahda, tramite il Primo Ministro, è stata egemone e ha mostrato di mirare al controllo delle decisioni importanti che coinvolgono lo Stato.

Facendo di necessità virtù il Presidente era pronto a dichiarare chiuso l’incidente libico. Non per molto, perché pochi giorni dopo, è arrivata la proposta con relativa decisione di licenziare il governatore della Banca Centrale della Tunisia che ha gettano costernazione nei circoli economici e finanziari che ora si chiedono quali reali intenzioni ha Ennahda. Questa volta la decisione è stata presa anche dal Palazzo di Cartagine, con relativa firma dal Presidente, e con il consenso di entrambi i partner. Mr. Kamel Nabli è appena stato sostituito come capo della Banca centrale da Chadly Ayari, ex ministro Bourguiba.

L’ex governatore, lasciando il suo posto, non ha usato mezzi termini, accusando il governo di cercare di sottoporre l’istituzione finanziaria ai suoi obiettivi politici, nonostante le regole della ortodossia finanziaria. Egli ha messo in guardia, dunque, contro forme gravi di inflazione futura e di incremento del disavanzo pubblico. Pericolo che è stato confermato dall’ex ministro delle Finanze, dimessosi con tanto di lettera esplicativa al Primo Ministro. «Mentre ero impegnato ad una sana gestione della finanza pubblica, la maggioranza dei membri del governo erano desiderosi di seguire una strada che causa improvviso e drammatico aumento della spesa statale, rispetto alle sue entrate», scrive. L’ex ministro ha denunciato «numerose deroghe e concessioni del governo, che si sono moltiplicate in modo da attirare un massimo di categorie sociali pronte a rivotare per il governo attuale nelle prossime elezioni».

L’ultimo pomo della discordia, sta nella natura del sistema presidenziale che verrà codificata nella Costituzione da qui a sei mesi. Il presidente Merzouki si è detto pronto a tornare alle urne per il referendum, per scegliere tra un sistema parlamentare, sostenuto da Ennahda, e un regime caratterizzato dal presidenzialismo, difeso dallo stesso Presidente.

In realtà, il vero dibattito, al di là della natura del regime, si concentra sul prossimo inquilino del Palazzo di Cartagine. Per molti politici tunisini,Ennahda è semplicemente alla ricerca di qualcuno più docile per il posto di Presidente della Repubblica.