TUNISIA. Il ritorno dei jihadisti divide il paese

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di Antonio Albanese TUNISIA – Tunisi 21/01/2017. Il ritorno dei jihadisti tunisini da Siria, Iraq e Libia sta dilaniando la Tunisia. Le autorità tunisine devono barcamenarsi tra le pressioni della pubblicazione opinione che non li rivuole e gli impegni internazionali, riporta al Monitor. A tutto ciò va aggiunta una profonda crisi economica legata anche agli atti di terrorismo che hanno insanguinato il paese e colpito il settore turistico.
Nel suo discorso alla vigilia di Capodanno, il presidente tunisino Beji Caid Essebsi ha dichiarato che la Tunisia «attuerà la legge verbosa quei tunisini che rientrano dai campi di battaglia in Siria, Libia e Iraq e non li accoglierà a braccia aperte»; lo stesso Essebsi aveva precedentemente detto in un’intervista a Euronews il 2 dicembre: «I jihadisti non sono più una minaccia, e molti di loro vogliono tornare a casa (…) Noi non li metteremo in prigione».

Il 30 dicembre 2016, il primo ministro Youssef Chahed ha dichiarato che il suo governo «tratterà coloro che ritornano a casa con severità e li perseguirà al loro ritorno». Il 7 gennaio, grandi manifestazioni di piazza a Tunisi per condannare «il ritorno dei terroristi provenienti dalle zone di conflitto». La Tunisia sta quindi attraversando la peggiore fase della sua storia moderna con il ritorno di almeno 3.000 “ex jihadisti”.
Le autorità tunisine hanno iniziato ad affrontare il rientro dei militanti accusati di affiliazione a gruppi jihadisti all’estero. Al 23 dicembre, il portavoce del Dipartimento Antiterrorismo Safyan al-Saliti ha detto, prosegue il giornale, che alla Tunisia è stato consegnato Moaz al-Fazani dal Sudan; Fazani è accusato per l’attacco al museo Nazionale del Bardo del marzo 2015 e il tentativo di far saltar in aria il Habib Bourguiba Kindergarten ad ottobre 2013; oggi è in carcere in attesa di processo.
Il 30 dicembre, Tunisi ha ricevuto dall’Italia il sospetto terrorista Bin Nasreddin Diab, sospettato di aver fatto parte di una cellula attiva nella periferia di Milano e di aver pianificato operazioni in Tunisia e all’estero. Anche Diab è in carcere in attesa di giudizio.
Il 1 gennaio, il ministero dell’Interno tunisino ha annunciato in un comunicato che: «Un’operazione d’intelligence è riuscita a riportare nel paese il pericoloso terrorista tunisino Wanas al-Faqih, che era fuggito all’estero (…) Faqih era collegato ad al-Qaeda nel Maghreb islamico, accusato di aver aderito ad una organizzazione terroristica e aver gestito cellule dormienti e reti per attuare atti terroristici».

Secondo il presidente Essebsi, nel suo discorso di Capodanno: «Il numero di terroristi tunisini affiliati a gruppi terroristici in Siria, Libia e Iraq è stimato a 2926. Le autorità conoscono tutti i dettagli sul numero di tunisini nelle zone di conflitto e la loro distribuzione nei diversi paesi». Per le Nazioni Unite ci sarebbero stato nel 2015 oltre 5000 tunisini in diverse zone di conflitto, di cui 4000 in Siria, 1000-1500 in Libia, 200 in Iraq, 60 in Mali e 50 in Yemen. Il ministero degli Interni tunisino ha annunciato nei primi mesi del 2016 il ritorno di 600 uomini che avevano combattuto in diverse teatri. Il ministro della Giustizia, Ghazi Jribi, ha detto in parlamento il 2 gennaio: «Ci sono 160 tunisini che tornano a casa da zone di conflitto (…) In totale, ci sono 1648 sospetti arrestati accusati di atti di terrorismo» Infine dopo aver annunciato il 30 dicembre di voler costruire una prigione per accogliere i jihadisti di ritorno, visto che il sovraffollamento delle carceri tunisine è considerato terreno di coltura per reclutare nuovi adepti,Tunisi ha dichiarato il 19 gennaio lo stato d’emergenza in tutto il paese.