Tumori gastro-intestinali: ancora troppe le diagnosi tardive

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È la diagnosi tardiva “il buco nero” nella lotta ai tumori gastro-intestinali. L’allarme degli specialisti AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) rimbalza sui media all’indomani della presentazione di una nuova campagna informativa on line mirata a pazienti e caregiver.

Ogni anno, in Italia, i principali tumori del tratto gastro-intestinale (carcinoma colon-retto, stomaco, pancreas e colangiocarcinoma) colpiscono quasi 80mila uomini e donne.

È il cancro del colon-retto il più rappresentato numericamente – 43.700 casi -; seguono i tumori allo stomaco – 14.500 -; al pancreas – 14.300 – e i colangiocarcinomi (5.400).

«Tutte malattie – dicono da AIOM – che troppo spesso vengono diagnosticate tardivamente, costringendo i medici oncologi a dover intervenire sulle neoplasie in stato avanzato».

Nel 2021, 8.700 casi di cancro al colon-retto risultavano già aver sviluppato metastasi e per quello allo stomaco solamente il 7% è individuato nelle fasi iniziali.

AIOM ha quindi deciso l’avvio di una nuova campagna nazionale “Qualità di vita nel Paziente con Neoplasia Avanzata nei Tumori Gastro-Intestinali” che potrà contare su un’ampia diffusione tramite i canali Social e sarà affiancata da quattro webinar in vista delle giornate mondiali dedicate alle neoplasie (novembre – pancreas e stomaco; febbraio – colangiocarcinoma e marzo-colon-retto).

«Un messaggio di speranza – spiega Saverio Cinieri, presidente nazionale AIOM – trattandosi d’un gruppo eterogeneo di patologie con tassi di sopravvivenza differenti».

«Per il colon-retto – dice Cinieri – a 5 anni dalla diagnosi il 65% dei pazienti è in vita. Il 30% se si parla di cancro allo stomaco; il 15% nei casi di colangiocarcinoma e il 10% o poco più per il pancreas».

Sul banco degli imputati finiscono gli stili di vita scorretti e l’alimentazione. Dati alla mano, «il 30% di tutti i carcinomi solidi – rammenta Filippo Pietrantonio, componente del consiglio direttivo AIOM – risente della dieta».

Ha un peso specifico importante accanto ad altri fattori di rischio ben conosciuti: obesità, scarsa attività fisica, fumo di sigaretta e abuso di alcool. Un ruolo non proprio secondario vede indicare altresì alcune malattie croniche, le infezioni o determinate mutazioni genetiche.

«La cattiva alimentazione – sottolinea Cinieri – è un problema molto serio nel nostro Paese. È sottovalutato. In ambito oncologico la dieta è l’unico aspetto che può sia prevenire sia favorire l’insorgenza di un tumore».

Tornando alla diagnosi precoce e alla somministrazione di terapie efficaci, Giordano Beretta, attuale presidente di Fondazione AIOM, punta il dito sull’assenza degli screening destinati a popolazioni target.

«Solo per il tumore del colon-retto – commenta – esistono programmi di screening rivolti a tutti gli uomini e le donne con più di 50 anni». E le altre malattie oncologiche? Al momento non c’è nulla. Invece «sono malattie silenti che tendono a comparire con sintomatologia evidente quando ormai è tardi».

Però «la ricerca scientifica – conclude Beretta – negli ultimi anni ha messo a punto dei trattamenti chemioterapici che stanno progressivamente migliorando le opportunità di cura e innalzando l’aspettativa di vita».

Infine, l’appello affinché la gestione delle neoplasie in stadio avanzato avvenga unicamente nei centri di riferimento così da garantire un vero approccio multidisciplinare. «Le strutture sanitarie devono possedere le competenze giuste e le tecnologie adatte, specie in campo chirurgico».

Marco Valeriani