Cyberomicidio in Iran

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IRAN – Teheran 04/10/2013. Le notizie che arrivano dall’Iran, raccontano dell’omicidio del comandante dell’unità di Cyberwar, Mojtaba Ahmadi-Roshan, ucciso con due colpi di pistola al cuore. Secondo la ricostruzione del comandante della polizia locale «l’estensione delle due ferite mostra che è stato assassinato da breve distanza». Due persone a bordo di una moto sarebbero coinvolte nell’assassinio.

Alborz, un sito Web iraniano vicino ai pasdaran, ha riferito all’inizio di questa settimana che il corpo senza vita del funzionario delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Sepāh-e Pāsdārān-e Enqelāb-e Eslāmi, o Sepāh),  è stato trovato nei pressi di Karaj, una cittadina a nord-ovest della capitale Teheran. Ahmadi era stato  visto  sabato scorso mentre usciva di casa per andare al lavoro.

Secondo i  Guardiani della rivoluzione  i mandanti dell’omicidio potrebbero essere  gli oppositori del regime o un servizio segreto avversario.  In particolare, secondo alcune fonti interne al regime degli ayatollah, riportate dai media, dietro questo episodio ci sarebbe l’ombra del Mossad, il servizio segreto israeliano, anche se nel comunicato ufficiale si legge che per il momento è «prematuro speculare sull’identità dei responsabili». Una simile ricostruzione viene citata anche dal londinese Daily Telegraph, secondo cui lo scienziato potrebbe essere stato assassinato  da agenti di potenze straniere.

Con questa morte, definita  un “terribile incidente” da un membro dei pasdaran, sale a sei il numero delle vittime coinvolte nei programmi sulla sicurezza interna iraniana dal 2007. Sempre all’interno di Alborz, è possibile leggere i commenti dei pasdaran, che rivolgono un invito alla prudenza a tutti coloro che all’interno della pagina facebook del “Comando per la guerra cibernetica”, esprimono il loro cordoglio in queste ore. Il rischio di rivelare ruoli, gradi e identità degli ufficiali, «costituirebbe un pericolo per la sicurezza nazionale». L’Iran ha sviluppato come tanti altri paesi (Regno Unito ed Israle, ad esempio) una divisione per la cyberwar con un duplice obiettivo: contrastare e monitorare i dissidenti, e combattere i nemici esterni via Internet. I siti nucleari e petroliferi iraniani sono stati spesso vittime di attacchi mentre i khomeinisti avrebbero condotto incursioni negli Usa e nei paesi del Golfo. Riscontri utili di approfondimento in merito al panorama della cyberwar, venivano forniti nei giorni scorsi anche dal Wall Street  Journal, che a  margine dell’incontro al Palazzo di Vetro tra Rouhani e Obama, raccontava di alcuni cracker iraniani, che nelle scorse settimane, avrebbero portato avanti  un attacco  contro i computer della Marina Usa contenenti materiale “non classificato“. L’episodio viene definito come «una delle cyber intrusioni più imponenti realizzata dalla Repubblica Islamica nei confronti degli Stati Uniti»; tuttavia secondo alcuni ufficiali statunitensi l’ operazione non avrebbe portato a nessun furto di informazioni sensibili. Il Pentagono sarebbe comunque in fibrillazione. Le Guardie della Rivoluzione, tra l’altro, sono state accusate di aver prestato la loro capacità cyber al regime siriano, aiutandolo ad attaccare obiettivi occidentali attraverso un gruppo noto che il Syrian Electronic Army (AGC Communication: La guerra cyber di Damasco)

Teheran, intanto, non offre conferme né smentite, ma l’operazione sarebbe inquadrata nella  risposta iraniana al programma americano “Olympic Games”, iniziato con l’Amministrazione repubblicana di George W. Bush e portato avanti da quella democratica di Obama,  che avrebbe come obiettivo l’intrusione informatica negli impianti di arricchimento di uranio dell’Iran: esempio più famoso è stato il worm Stuxnet – come raccontato nel luglio 2013 dal ex tecnico della Nsa Edward Snowden – nato dalla collaborazione tra Israele e Stati Uniti, con l’ intento di danneggiare le centinaia di centrifughe della centrale di Natanz.

In proposito è importante ricordare uno studio condotto dai ricercatori della Symantec: già nel 2010 si affermava che il 60% di tutti i computer infettati da Stuxnet si trovavano proprio nella Repubblica islamica. Intanto proprio sul fronte politico John Kerry offre rassicurazioni a Israele, che cominciava a mostrare segni di nervosismo dovuti al riavvicinamento, tra l’ Iran e gli Stati Uniti: «Non ci sarà alcun dialogo se il nuovo regime iraniano guidato dal neopresidente Rouhani  non prenderà misure concrete».

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