TAIWAN. La guerra con Pechino e le sue incognite

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Le probabilità di un’azione militare di Pechino contro Taiwan crescono di giorno in giorno. In gran parte perché il leader del Partito Comunista Cinese Xi Jinping ha giurato pubblicamente più volte, di riunire l’isola alla madrepatria.

All’inizio di quest’anno, il capo uscente del Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti, ammiraglio Phil Davidson, ha detto al Congresso che Pechino potrebbe muoversi contro Taiwan molto prima del centenario di fondazione, forse entro i prossimi sei anni.

Xi Jinping ora deve agire per evitare che l’ira popolare cinese lo ritenga responsabile di non aver mantenuto la sua promessa di riconquistare ogni centimetro di terreno una volta governato dalla Cina, riporta il blog 1945.

Pechino preferirebbe senza dubbio vincere senza combattere, fedele alle tradizioni strategiche cinesi, non perché il partito si faccia scrupoli ad usare la violenza, ma un trionfo senza sangue gli permetterebbe di ottenere ciò che vogliono risparmiando i pericoli, le difficoltà e i costi della guerra. Ma è sempre più dubbio che Taiwan capitolerà senza guerra: i sondaggi rivelano che la maggioranza dei taiwanesi rifiuta la legittimità della pretesa di Pechino.

Pechino si sta intromettendo nella politica interna dell’isola: Xi recentemente ha inviato al neoeletto presidente del Kuomintang Eric Chu una lettera di congratulazioni in cui invitava il Kmt e il Pcc a lavorare insieme su una “base politica condivisa” per raggiungere “l’unificazione del paese”. Nelle considerazioni successive alla sua elezione, Chu ha giurato di “ricostruire piattaforme di scambio e canali di comunicazione attraverso lo Stretto di Taiwan”, posizione tutt’altro che solida a favore dell’indipendenza di Taiwan.

Ad aggravare le azioni di Pechino, i taiwanesi monitorano da vicino gli eventi di Hong Kong e della Xinjiang. I taiwanesi sanno che una sorte simile toccherebbe loro se acconsentissero al dominio di Pechino. Di conseguenza, sottomettere Taipei è un’impresa lunga per Pechino, e diventerà sempre più lunga; Xi ha poche possibilità di vincere senza combattere.

Pechino in questo caso desidera una guerra breve, netta e decisiva, se dovesse decidere in tal senso; altrimenti gli amici di Taiwan, in particolare gli Stati Uniti e il Giappone, potrebbero avere il tempo di unirsi per bloccare l’aggressione.

Come possono Taiwan e i suoi “alleati non ufficiali” prepararsi per un attacco improvviso? Progettando una strategia e delle forze che neghino alla Cina la vittoria rapida che brama, mentre invocano lo spettro della sconfitta nelle menti del PCC.

Xi Jinping potrebbe essersi posto una scadenza per ottenere il controllo di Taiwan, sia in modo pacifico che attraverso la conquista. Taiwan non può permettersi di fare una corsa agli armamenti con il suo gigantesco vicino. Resta quindi solo la deterrenza creata dalla possibile lunga guerra per prendere l’isola con elevati costi. Questo è lo spettro che i preparativi militari di Taiwan e degli alleati dovrebbero evocare nella dirigenza di Pechino mente di Xi e dei suoi luogotenenti. Il dubbio e il timore sono amici dell’isola. Si traducono in deterrenza.

In breve, la pressione su Xi Jinping ad agire aumenta di giorno in giorno. Ha bisogno di un rapido trionfo per evitare una potenziale catastrofe. Con una strategia adeguata e preparando le loro forze, Taiwan e i suoi “alleati” possono evitare una breve guerra con la deterrenza imposta da costi elevati, o anche da una sconfitta, le cui conseguenze arriverebbero direttamente come uno tsunami a Pechino.

Antonio Albanese