ITALIA – Roma 22/06/2015. A una settimana dal primo anno di vita dello Stato islamico, molti analisti si interrogano sul futuro del movimento jihadista.
Ad oggi lo Stato Islamico controlla circa 300.000 km2 di territorio con delle risorse finanziarie proprie e una capacità militare che fa tremare il regime siriano e lo stato iracheno.
Secondo Hassan Hassan, analista per il Medio Oriente alla Chatam House di Londra, nonostante le frontiere di IS siano fluttuanti, «il Califfato ha ancora almeno dieci anni di vita davanti a sé, perché il gruppo agisce come una guerriglia: può indebolirsi in una regione e guadagnare in forze in un’altra, ma continuerà ad esistere nel futuro». Questo è possibile perché IS ha delle capacità finanziarie e militari che nessun gruppo precedente ha mai avuto nella regione.
Come indicano molti esperti, da una parte l’esercito del Califfato ha perso terreno grazie a milizie locali come i curdi o gli sciiti o all’esercito iracheno, appoggiati dagli attacchi aerei della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. È il caso ad esempio della perdita da parte IS di Kobane o recentemente di Tall Abyad e di Tikrit; dall’altra invece IS conquista Palmira in Siria o Ramadi, capitale della più grande provincia irachena di Al Anbar.
Secondo Charles Lister del Brooklin Doha Center, «l’idea di un Califfato e del Califfo Ibrahim rimarrà di certo viva nelle menti di molti membri del gruppo nel mondo».
Patrick Johnson, della Rand Corporation, aggiunge peraltro che «lo Stato Islamico è sicuramente il gruppo terrorista più ricco al mondo con degli incassi di più di due milioni di dollari a settimana in Siria e in Iraq. Per compensare le perdite legate agli attacchi aerei ai campi petroliferi e alla caduta libera del prezzo del greggio, IS estorce fondi, raccoglie le tasse e vende i beni saccheggiati durante le conquiste. Da un punto di vista militare, IS beneficia dell’esperienza dei suoi fondatori, ovvero molti ex ufficiali dell’esercito e membri dei servizi iracheni dell’ex regime di Saddam che sono stati scartati a seguito dell’invasione americana del 2003. Si tratta di combattenti che hanno esperienze importanti, a partire dalla guerra contro l’Iran degli anni 80. Peraltro ricevono sempre maggiori aiuti da reclute che provengono dall’estero».
Nonostante queste capacità, il rischio che lo Stato Islamico venga meno fa porre un’ulteriore domanda, ovvero: cosa faranno i combattenti stranieri quando lo Stato Islamico sarà più o meno distrutto? Proprio il ritorno dei cosiddetti foreign fighters nei rispettivi paesi d’origine rappresenta il problema principale del dopo IS. Senza parlare di soliti paesi occidentali, recentemente, il portavoce di Vladimir Putin, Dimitri Peskov, ha indicato che «più di due mila studenti russi sono partiti per IS, ci troviamo quindi di fronte a un fenomeno molto pericolo: il loro ritorno».