Acqua inquinata dal petrolio nel Sud Sudan

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SUD SUDAN – Giuba 06/03/2016. I metalli pesanti utilizzati nella produzione di petrolio nel Sud Sudan hanno inquinato le fonti di acqua potabile utilizzate da 180mila persone.

L’allarme è stato lanciato dall’ong Sign of Hope dopo una serie di test tossicologici effettuati su campioni di capelli presi da 96 volontari intorno all’impianto di trasformazione petrolifera di Thar Jath sita nella regione settentrionale di Unity del Sud Sudan.
Test precedenti, riporta Naharnet, avevano dimostrato “collegamenti diretti” tra la trivellazione petrolifera e la contaminazione dell’acqua potabile. Nonostante il piccolo numero di campioni analizzati, la “omogeneità” dei risultati suggerisce che i risultati si possano applicare alla popolazione circostante, stimata in 180mila persone, delle località di Koch, Leer, e Nyal. Le aree, che hanno visto alcuni dei combattimenti più pesanti in più di due anni di guerra civile, con frequenti cambi di fronte, si trovano nel bacino del Nilo Bianco e nelle paludi di Sudd, una delle più grandi zone umide del mondo. Le Nazioni Unite hanno avvertito che le aree sono a rischio terribile carestia. La produzione del Sud Sudan è arrivata a circa 150mila barili al giorno dai 350mila alla data dell’indipendenza nel 2011; molti giacimenti petroliferi hanno cessato l’attività a causa della guerra civile, pozzi e impianti petroliferi sono stati gravemente danneggiati durante i combattimenti. L’impianto di trattamento petrolifero di Thar Jath, che ha trattato il petrolio estratto dai pozzi circostanti gestiti dal consorzio Spoc (Sudd Petroleum Operating Company), guidato dal gigante malese Petronas, è stato abbandonato giorni dopo l’inizio del conflitto.