
Nel 2019 fu detto dagli occidentali che lo Stato islamico era stato distrutto e reso non operativo. Niente di più errato. Negli ultimi anni, la sua attività ha dimostrato la sua vitalità al di là della sconfitta di al Baghuz come recitava, fin dal titolo, una ricerca pubblicata da AGC anni fa.
Daesh sta dimostrando una resilienza di tutto rispetto e sta vivendo una rinascita in altre parti del mondo, e le sue capacità operative si stanno evolvendo. Se ne sono accorti anche nel mondo anglosassone, USA in testa. Solo da gennaio 2024, Daesh ha rivendicato una serie di attacchi in tutto il mondo, dall’Iran e dalla Russia alla Germania e agli Stati Uniti. Nulla di nuovo per chi sa cercare adeguatamente nella galassia jihadista, come il nostro team fa da anni.
“Lo Stato Islamico rimane una minaccia persistente alla sicurezza globale e l’organizzazione terroristica più mortale al mondo”, ha detto la Shtuni Consulting di Washington, in uno studio rilanciato da Rferl.
Qual è lo stato attuale di Daesh? Secondo il punto della ricerca statunitense, la visione e le aspirazioni non sono cambiate, ma dalla sua sconfitta territoriale nel 2019, il gruppo ha subito una radicale evoluzione strutturale e operativa. Negli ultimi anni, in tutto il mondo è emersa una serie diversificata di rami dell’IS, in particolare nelle regioni in cui c’è poca capacità di contrastare l’estremismo.
Il Soufan Group di New York, ha affermato che Daesh è diventato un gruppo per il quale la somma delle sue parti è maggiore del tutto: ”L’IS potrebbe essere ancora più impegnativo come organizzazione decentralizzata di quanto non lo fosse come proto-stato. Quando gestiva un proto-stato, era un grande bersaglio”.
Nel gennaio 2024, due attentati suicidi nella città iraniana meridionale di Kerman hanno ucciso circa 100 persone; due mesi dopo, quattro aggressori hanno preso di mira la sala concerti Crocus City Hall fuori Mosca, uccidendo 145 persone. Ad agosto, un attentato suicida ha ucciso almeno 20 persone nella capitale somala, Mogadiscio. Giorni dopo, un membro dell’IS ha accoltellato diverse persone a un festival a Solingen, in Germania, uccidendone tre. Il 1° gennaio, un aggressore ispirato dall’IS ha guidato un camion contro la folla di Capodanno a New Orleans, uccidendo 14 persone e ferendone decine di altre.
Questi attacchi verso obiettivi occidentali attestano non solo “il continuo fascino del marchio di violenza terroristica [dell’IS], ma anche la resilienza, l’adattabilità e la portata globale dell’organizzazione”, afferma lo Shutni Group. Senza però contare l’ininterrotta presenza di Daesh nel Continente Nero, dove morti esecuzioni e scontri con gruppi qaedisti sono all’ordine del giorno.
Daesh ha effettuato una media di circa 600 attacchi all’anno negli ultimi tre anni, secondo i dati raccolti da Dragonfly, società britannica di consulenza di intelligence sulla sicurezza globale di Londra. Sebbene si tratti di un calo rispetto alla media di 770 eventi all’anno nel precedente periodo di tre anni, gli incidenti stanno diventando più letali, con il numero medio di vittime per attacco in aumento del 40 percento, secondo il database TerrorismTracker di Dragonfly.
I dati così come sono “non indicano necessariamente una rinascita di IS (e dei suoi affiliati) negli ultimi anni, ma piuttosto indicano un certo grado di resilienza”, ha detto Dragonfly; “Tuttavia, la stampa internazionale ha sollevato preoccupazioni circa l’intenzione di IS di aumentare il numero di attacchi con vittime di massa a livello globale”.
Daesh mantiene una forte presenza e un livello di coinvolgimento in Africa, Asia e Medio Oriente.
Nel Wilayat Khorasan, Daesh, che britannici e americani si ostinano a definire IS-Khorasan, ha esteso le sue operazioni oltre il territorio dell’Afghanistan, con il cui regime è in guerra aperta; continua ad attrarre uomini dalle nazioni dell’Asia centrale, in particolare Tagikistan e Uzbekistan.
In Africa, la Somalia sarebbe un punto importante dell’espansione in Africa: sfruttando l’instabilità della Somalia per stabilire roccaforti e reti che attraggono combattenti da Etiopia, Sudan e Tanzania, espandendo al contempo la portata ideologica in più lingue come l’amarico e lo swahili; e si scontra con la presenza di al Shabab nell’area. Sta anche crescendo rapidamente nella regione del Sahel, dove rimane una delle organizzazioni terroristiche dominanti nel bacino del lago Ciad.
Il reclutamento avviene nei consueti modi: sul campo e online. “Nello spazio digitale, Daesh continua a usare le piattaforme dei social media e gli strumenti di messaggistica criptata in modo molto efficace per diffondere la sua ideologia, radicalizzare, reclutare, raccogliere fondi e pianificare attacchi”, ha affermato lo Shtuni Group.
Identici i trend: radicalizzazione principalmente online, ritmo accelerato e coinvolge sempre più minori e giovani adulti.
Nonostante le perdite, il nucleo Daesh in Iraq e Siria conserverebbe da 10 a 20 milioni di dollari di riserve, integrate da filiali regionali che generano fondi tramite diversi canali: da rapimenti a scopo di estorsione, a rapine, a “hawala” e così via; come avveniva nella prima fase espansiva in Siria e Iraq.
Lo strumento religioso economico della zakat, oggi viene assai usato per ricevere denaro”volontariamente” da aziende e sistemi finanziari in Africa, ad esempio. Nell’occidente, si chiama estorsione e così viene catalogata, priva della dimensione religiosa che la caratterizza.
In Asia, è passata ad asset virtuali per finanziare operazioni esterne, tra cui l’attacco al Crocus City Hall, dimostrando grande capacità di adattamento oltre ad avere tra i suoi ranghi personale con capacità economico finanziarie cripto di tutto rispetto.
La portata globale del terrorismo richiede una collaborazione multilaterale nell’antiterrorismo, che richiede alle nazioni di scambiare informazioni, allineare strategie e rafforzare le capacità di sicurezza nelle regioni più suscettibili alle attività estremiste. Caratteristiche che sembrano resistere alle effervescenze geopolitiche contingenti.
Nella regione del Sahel, il ritiro delle forze francesi ha anche portato a un cambiamento nelle alleanze regionali: Francia cacciata, è entrata in campo la Russia, o meglio l’Africa Korps, entità privata nata dalle ceneri della struttura di Prigozhin, il Wagner Group.
C’è una crescente preoccupazione che il cambiamento delle priorità a Washington possa ostacolare la lotta globale contro l’estremismo islamico. Il generale Michael E. Kurilla, capo del Comando centrale dell’esercito statunitense, ha affermato che le migliaia di combattenti dell’IS detenuti in Siria in strutture sorvegliate dalle Forze democratiche siriane guidate dai curdi rappresentano “un esercito Daesh letterale e figurato in detenzione” e ha avvertito dei pericoli “per la regione e oltre” se un gran numero di loro fosse fuggito.
Kurilla ha affermato durante una visita in Siria a gennaio, un mese dopo la caduta del dittatore siriano Bashar Al-Assad, che l’esercito statunitense “rimane devoto alla nostra missione, al nostro popolo, alla sconfitta duratura dello Stato Islamico e alla stabilità in tutta la regione e oltre”.
La vitalità di Daesh resta inalterata, anzi, espande la sua influenza in molte aree; l’attenzione al suo espandersi e il suo contrasto sembrano essere diminuiti nell’Occidente impegnato in contrasti politico-militari tradizionali.
Antonio Albanese
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