STATO ISLAMICO. Ma il Califfo è veramente morto?

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La notizia diffusa dalla Casa Bianca in merito alla presunta uccisione dell’attuale Califfo di DAESH, Abu Ibrahim al Hashimi al Quraishi, non ha mancato di suscitare preoccupazioni e diatribe all’interno della social sfera dello Stato Islamico. Dapprima alcuni utenti meno avvezzi alle procedure comunicative di IS si sono lanciati in messaggi in ricordo di al Qurayshi.

Contemporaneamente, account più navigati hanno ricordato la necessità di diffidare dalle informazioni fornite dai “media kuffar”, cioè quelli occidentali, che in nessun caso devono essere adottate come fonti attendibili. Si consigliava, piuttosto di attendere comunicati ufficiali, di conferma o di smentita, da parte di organi mediatici centrali dello Stato Islamico. Una tale cautela, ad onor del vero, si impone tanto ai sostenitori di DAESH in trepidante attesa di ricevere informazioni sulle condizioni del proprio leader, quanto a chiunque intenda avere una prospettiva più chiara rispetto agli eventi intercorsi ad Atmah, nella zona di Idlib, Siria.

Non sarebbe, infatti, la prima volta in cui vengono riportate notizie dell’uccisione o cattura di leader jihadisti poi rivelatisi infondate, così come avvenne, proprio per l’arresto di Abdul Nasser al Qardash, inizialmente identificato dalle forze di sicurezza irachene come Abu Ibrahim al Hashimi al Quraishi, successore di Abu Bakr al Baghdaid.

Tale margine di errore risiederebbe anche nella difficoltà di associare volti e nomi “di battesimo” ai nomi di battaglia adottati da tali leader. Ciò è tanto più vero in questa circostanza, nella quale viene diffusa notizia della morte di un uomo, il cui volto non è mai apparso all’interno di un video o in una immagine diffusa dall’organizzazione.

In questo senso, l’unica fonte in grado di dare conferma o smentita della notizia è proprio DAESH, unico attore a conoscenza dell’identità di al Qurayshi. D’altra parte lo Stato Islamico non ha mai fatto mistero dell’eliminazione dei propri leader, dal momento che questi non sarebbero altro se non semplici ingranaggi di un disegno escatologico di portata millenaria, fondato sull’imposizione ed esportazione del Tawhid (l’Unicità di Dio) attraverso il Jihad.

La stessa propaganda mediatica del gruppo ha sempre tenuto a sottolineare l’importanza della sopravvivenza dell’idea di “Stato islamico”, capace di trascendere l’esistenza terrena di leader carismatici, ma anche la capacità di riprodurre tale modello in contesti differenti, così come avvenuto in Africa dopo la caduta della propria enclave siriana ad al Baghuz.

Una propaganda mediatica che al momento tace sulle condizioni del proprio leader, tanto sulle piattaforme social utilizzate dai propri sostenitori, tanto sulle proprie pubblicazioni ufficiali. La stessa rivista al Naba, uscita con il numero 324 nella sera di giovedì scorso, a poche ore dalla notizia dell’eliminazione di al Qurayshi, non fa menzione dell’accaduto.

In questo senso, la nota diffusa dal presidente USA, Joe Biden, impone due passaggi logici imprescindibili. In primo luogo si impone la necessità di attendere una conferma ufficiale da parte dello Stato Islamico. In secondo luogo, qualora l’uccisione dovesse venire confermata, non si può e non si deve pensare a tale eventualità come ad una vittoria strategica nei confronti dell’organizzazione. Si tratterebbe, molto probabilmente, di una vittoria prettamente tattica, difficilmente in grado di imprimere conseguenze durature sulla capacità militare, ma anche ideologica, dello Stato Islamico.

Andrea Barlassina