
In una nota rilasciata dal portavoce del Dipartimento di Stato Americano, gli Stati Uniti hanno fatto sapere che non aderiranno più al trattato Cieli Aperti in quanto «minato dalle violazioni messe in atto da parte della Russia. Nel concludere la revisione del trattato, gli Stati Uniti non intendono rientrarvi, data l’incapacità russa di intraprendere qualsiasi azione per tornare alla conformità. Il suo comportamento, comprese le sue recenti azioni nei confronti dell’Ucraina, non è quello di un partner impegnato a rafforzare i rapporti di fiducia». A riportare la notizia è stata AP News.
La decisione presa il 27 maggio implica che a rimanere in vigore sarà soltanto trattato il New Start, sul controllo degli armamenti tra le potenze nucleari. Durante la sua presidenza, Trump non aveva fatto nulla per estenderlo, avendo la scadenza fissata all’inizio di quest’anno. L’amministrazione Biden, invece, si è mossa più in fretta. Dopo il suo insediamento, il Presidente ha esteso la durata del trattato di altri cinque anni e ha aperto una revisione sul ritiro del Trattato sui Cieli aperti di Trump.
I funzionari statunitensi hanno dichiarato che la revisione era stata completata in precedenza e che il vicesegretario di Stato, Wendy Sherman, aveva informato il viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, della decisione americana di non fare più parte del Trattato Open Skies. La decisione è poi stata annunciata qualche giorno dopo dal Dipartimento di Stato.
L’annuncio del ritiro americano arriva prima dell’incontro tra Biden e Putin, che si terrà il prossimo 16 giugno a Ginevra, durante il quale i due cercheranno di trovare un terreno comune in mezzo a un forte deterioramento dei legami, che sono arrivati a toccare il punto più basso dopo decenni.
Il trattato multilaterale, entrato in vigore nel 2002, include 34 paesi membri ai quali è consentito, dando un breve preavviso, condurre voli di ricognizione disarmati sui territori degli altri paesi al fine di raccogliere dati sulle forze e le attività militari. Un modo per creare ulteriore fiducia tra Russia e Occidente. Dalla sua entrata in vigore sono stati condotti oltre 1.500 voli allo scopo di promuovere la trasparenza, e consentire il monitoraggio del controllo degli armamenti, e altri accordi.
A maggio dello scorso anno, l’amministrazione Trump aveva annunciato di volersi ritirare dall’accordo a causa delle violazioni compiute dalla Russia, e che avevano reso insostenibile la partecipazione di Washington. A novembre era stato completato il ritiro dal trattato, ma con l’insediamento del Presidente Joe Biden la questione era stata riaperta.
La scorsa settimana i funzionari americani hanno fatto sapere che il Segretario di Stato, Antony Blinken, il Consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, e altri alti funzionari avevano avvertito le loro controparti russe della decisione imminente sulla questione Open Skies. Blinken aveva incontrato il Ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, in Islanda e Sullivan aveva avuto un colloquio con il Consigliere per la sicurezza nazionale di Putin, Nikolay Patrushev. Mosca aveva condannato la mossa americana, avvertendo che avrebbe eroso la sicurezza globale e reso più difficile per i governi interpretare le intenzioni di altre nazioni, in particolare le crescenti tensioni scoppiate tra Russia e Occidente.
I leader democratici del Congresso e i membri dell’Unione Europea hanno esortato gli Stati Uniti a riconsiderare la loro decisione e hanno invitato la Russia a rimanere nel patto e a revocare le restrizioni ai voli, in particolare nella regione più occidentale di Kaliningrad. La Russia aveva insistito sul fatto che le restrizioni sui voli d’osservazione imposte in passato erano consentite dal trattato e aveva fatto notare che gli Stati Uniti avevano imposto restrizioni più ampie ai voli d’osservazione sull’Alaska.
Come condizione per rimanere nel patto dopo il ritiro degli Stati Uniti Mosca aveva chiesto, senza successo, garanzie da parte degli alleati della Nato, i quali non avrebbero dovuto cedere agli Stati Uniti i dati raccolti durante i loro voli di osservazione sulla Russia.
Dopo il ritiro formale degli Stati Uniti, avvenuto a novembre del 2020, a gennaio il ministero degli Esteri aveva dichiarato che il paese avrebbe avviato procedure legali interne per ritirarsi ufficialmente dal trattato.
La scorsa settimana la Duma di Stato, o Camera Bassa del Parlamento russo, ha approvato all’unanimità il disegno di lege sul ritiro del Paese dal trattato, mossa ampiamente sostenuta dagli alleati degli Stati Uniti in Europa e dai Democratici al Congresso come misura di rafforzamento della fiducia tra gli ex avversari della Guerra Fredda.
Fino a giovedì scorso le parti avevano detto che il trattato avrebbe potuto essere salvato, approvando il disegno di legge sul ritiro il 2 giugno prossimo e una volta che Putin avesse firmato.
La mossa della Duma ha però cambiato le carte in tavola, rendendo il ritiro immediato.
Coraline Gangai