Il racket dei pirati somali

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PUNTLAND – Garoe 27/7/13. Fino a 180 vascelli clandestini iraniani e 300 yemeniti pescano nelle acque del Puntland, oltre a un piccolo numero di imbarcazioni cinesi, taiwanesi, coreane e europee, secondo le stime ufficiali nella regione settentrionale somala del Puntland. Un rapporto Onu ha confermato la prevalenza di navi iraniane e yemenite.

Pescatori del Puntland «hanno confermato che le squadre di sicurezza private a bordo di tali navi sono normalmente fornite da un pool di pirati somali “smobilitati” e coordinati da un gruppo di leader dei pirati e di imprenditori associati operanti nel Puntland, in Somaliland, negli Emirati Arabi Uniti, in Oman, in Yemen e in Iran», si legge nel rapporto. Le squadre di “sicurezza” aiutano le imbarcazioni a non essere disturbate e fanno fuoco sui pescatori somali per eliminare la concorrenza. «Il premio d’ingaggio è redditizio e comprende l’ampia possibilità di pescare in acque libere, in particolare il tonno», prosegue il rapporto.

Il rapporto Onu di quasi 500 pagine accusa anche il governo somalo di corruzione. In risposta, il portavoce del presidente della Somalia, ha detto che la relazione contiene «numerose inesattezze, contraddizioni e lacune di fatto». La pirateria somala è un affare redditizio. I sequestri di 149 navi tra aprile 2005 e la fine del 2012 hanno fornito 315 milioni di dollari, secondo un rapporto della Banca Mondiale dell’aprile 2013. Per i pescatori, che partecipano alla pirateria, si tratta solo di riportare indietro i soldi rubati dai somali. Un rapporto del governo britannico del 2005 ha stimato che la Somalia abbia perso 100 milioni dollari nel 2003-04 solo attraverso la pesca illegale di tonno e gamberetti in acque somale. In Somalia, i pirati, a volte, si riferiscono a se stessi come “salvatori del mare.” La pirateria ha raggiunto il picco nel biennio 2009 – 2010, quando 46 – 47 navi sono state dirottate rispettivamente, in base ai dati della forza navale diretta dall’Unione europea. I dirottamenti sono scesi a 25 nel 2011, cinque nel 2012 e pari a zero nel 2013. «Questo è il nostro attuale lavoro per fare soldi perché I dirottamenti delle navi sono falliti», ha detto il comandante pirata Bile Hussein, da Garacad, covo dei pirati in Somalia centrale. «Se si lascia un’attività» ha detto Hussein «si cerca l’idea per un altro».