SIRIA. Una nuova guerra per procura?

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L’Amministrazione autonoma del Nord e dell’Est della Siria (AANES) sta vacillando e con essa rischia di precipitare la gestione unitaria dei territori sotto l’egida delle Syrian Democratic Forces (SDF), a leadership curda. Quando il 27 agosto è emersa la notizia dell’arresto di alcuni leader del Consiglio militare di Dier Ez Zor, tra cui Abu Khawla, da parte delle SDF, la goccia ha fatto traboccare il vaso, dando avvio agli scontri tra SDF e il Consiglio militare di Deir Ez Zor, supportato dai clan arabi dell’area.

Le tensioni iniziali, seguite all’arresto di Abu Khawla, sono diventate presto scontri armati, in cui la questione del Consiglio militare di Deir Ez Zor e dei suoi leader è scivolata presto in secondo piano rispetto alle rivendicazioni dei diversi clan arabi, che reclamano una guida araba per la gestione dei territori in cui vivono. L’arresto di Abu Khawla è stato presumibilmente usato per dare avvio ad un conflitto latente, che necessitava solo di una motivazione in più per esplodere.

Ma relegare il conflitto ad uno scontro curdo-arabo potrebbe essere fuorviante, se non giustificativo per l’intervento di altri attori dello scenario siriano e delle potenze esterne con interessi in Siria. Gli stessi clan arabi hanno specificato che la loro lotta non è per il leader del Consiglio militare di Deir Ez Zor, quanto, piuttosto, per l’onore del proprio popolo. In aggiunta, non si dimentichi che nelle SDF c’è anche la componente araba, accanto a quella curda.

Necessariamente, le autorità che guidano gli altri territori siriani, Governo di Bashar al Assad, l’opposizione filo-turca e Hayat Tahir al Sham (HTS), non sono rimasti indifferenti al disordine nell’AANES. E, ancora di più, le potenze esterne, garanti di una o di un’altra autorità delle zone della Siria, si sono trovate coinvolte nel conflitto, che, con sguardo superficiale, viene confinato ad una questione etnica-identitaria.

Infatti, a ben vedere le tensioni interne potrebbero essere inquadrate in un gioco più grande, in cui, sicuramente, Iran e Stati Uniti rivestono un ruolo da protagonisti, e in cui Russia e Turchia non possono rimanere indifferenti. Dato che il confronto tra le SDF e i clan arabi non è rimasto concentrato nelle aree sotto controllo dell’AANES (ovvero principalmente nelle aree orientali del governatorato di Deir Ez Zor e la zona di al Hassakah), ma si è anche spostato nei territori di confine tra le regioni siriane dell’ AANES e le zone della Siria amministrate dai ribelli filo-turchi ( principalmente nelle zone di Manbij, Ain Issa e Tal Tamr), si comprende che la posta in gioco vada oltre la semplice rivendicazione di un ruolo più prominente per gli arabi nell’AANES. I clan arabi presenti nelle zone dei ribelli filo-turchi hanno espresso solidarietà per i clan arabi nell’AANES e la solidarietà si è tramutata presto in sostegno militare contro le SDF, grazie anche al supporto materiale delle fazioni appoggiate dalla Turchia, e anche della Turchia stessa. Similmente i clan presenti sotto il controllo di HTS sono stati inviati nelle zone dei ribelli filo-turchi per sostenere la causa dei clan arabi lì presenti in funzione anti-SDF. La possibilità di spostamento dalle zone di HTS a quella dei ribelli filo-turchi non va sottovalutata, anche in ottica di equilibri di forza in Siria. Il governo siriano, forte dell’attivo sostegno russo, sceglie apertamente le SDF quando entrano in conflitto con le fazioni filo-turche. Nell’area di Deir Ez Zor, prossima alla frontiera tra le aree sotto controllo del governo siriano e quelle dell’AANES, la posizione governativa rimane invece sfocata.

Cosa si cela dietro allo scoppio di queste tensioni irrefrenabili può essere, per ora, solo ipotizzato.

La Coalizione internazionale, a guida statunitense, e da sempre sostenitrice delle SDF, punta, almeno formalmente, alla risoluzione del conflitto, senza immischiarsi direttamente con gli strumenti bellici. La possibilità che gli Stati Uniti si nascondino dietro questi scontri per ulteriori finalità non si può escludere a priori solo perché stanno promuovendo i negoziati tra le due parti in lotta. Gli Stati Uniti lavorano da sempre per scongiurare la linea Teheran-Beirut, chiudendo il ponte che l’Iran vorrebbe per arrivare al Libano e che trova nella Siria e nell’Iraq un passaggio obbligato. Non a caso, i movimenti statunitensi in Iraq di questi giorni potrebbero aver un legame con le tensioni in Siria e soprattutto con una possibile offensiva anti-Iran.

D’altra parte proprio l’Iran avrebbe interesse a mantenere le tensioni in tutti i territori nella riva sinistra dell’Eufrate, dove tra l’altro sono stati monitorati afflussi di miliziani filo-iraniani, e portare il conflitto con gli Stati Uniti dall’altra parte del fiume. La Russia non rimane a guardare. La Russia, insieme al governo siriano, probabilmente non sdegna una proliferazione di conflitti che spostino l’attenzione statunitense su questioni interne piuttosto che su operazioni su larga scala. Le forze russe si stanno impegnando nelle zone che oppongono SDF e governo siriano da un lato e clan arabi supportati dai ribelli filo-turchi dall’altra, rimanendo fuori dal conflitto in atto nei territori prettamente interni all’AANES. Scontrandosi con i ribelli appoggiati dalla Turchia, la Russia potrebbe far leva proprio su quest’ultima, affinché nuove aree possano passare sotto l’influsso russo. In effetti, sebbene la Turchia e le fazioni filo-turche appoggino i clan arabi contro le SDF, non è ancora in atto una grande operazione.

Da ultimo, ma non per importanza, si deve anche menzionare Daesh. La minaccia terroristica di Daesh è un problema attuale e le sue cellule hanno seminato terrore negli ultimi periodi in molte aree della Siria. Daesh si limita ad osservare le parti, che per tanto tempo hanno lottato per eradicarlo, si combattono tra loro. E questo lascia pensare che più il conflitto si protrae, più accresce la possibilità di avvantaggiare le cellule jihadiste. Non si esclude che in seno ai clan arabi della zona di Deir Ez Zor ci siano combattenti pro-Daesh (come non si esclude la presenza di gruppi filo-governo Assad), ma la linea principale di Daesh è quella di rimanere in disparte, aspettando che le parti si lacerino tra loro. Nei fatti era stato promesso un ritorno del Califfato.

Il conflitto, ormai estesosi anche nel nord della Siria, difficilmente potrà risolversi con un mero accordo di pace tra le parti, di cui si vocifera l’avvenuta conclusione. Una lettura della conflittualità su più livelli impone di guardare alle mosse degli attori esterni, che da sempre si servono delle avversità interne per soddisfare i propri interessi.

Marta Felici

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