I territori della Siria assistono nuovamente ad una proliferazione di scontri che non riguardano solo gli attriti tra le diverse gestioni, cioè tra governo siriano, Amministrazione Autonoma del Nord e dell’Est della Siria (AANES), opposizione filo-turca, e Hayat Tahrir al Sham (HTS), ma si estendono e si inseriscono anche all’interno delle stesse amministrazioni, proponendo nuovi equilibri, che rimettono in discussione gli assetti di potere, anche alla luce della visibilità che gli attori interni hanno verso l’esterno.
Dopo che qualche settimana fa erano esplose tensioni tra le Syrian Democratic Forces (SDF), a leadership curda, e i clan arabi all’interno della gestione dell’AANES, la situazione è ancora tesa nelle zone di Deir Ez Zor, a causa di qualche residuo di nervosismo dovuto alle operazioni controllo e di arresti, compiute dalle SDF, che volevano dare almeno una parvenza di ordine nelle zone sotto suo controllo. Le SDF hanno formalmente ripreso il controllo di buona parte delle aree e hanno trattato con alcuni clan arabi per porre fine agli scontri. Ancora oggi, però, le zone di Dhibban, al Tayyanah e Shuhayl rimangono particolarmente instabili. Nei fatti, la risoluzione delle tensioni non può darsi per scontata, dato che alcuni clan arabi hanno deciso di non venire a patti con le SDF e vogliono continuare a opporre le proprie rivendicazioni, quali, primariamente, una direzione a guida araba dei loro territori e una gestione in proprio delle risorse ivi presenti. Il risentimento verso la parte cruda si era esteso, gradualmente, anche tra i clan arabi nelle aree dominate dai ribelli filo-turchi. Le fazioni ribelli filo-turche hanno sostenuto i clan arabi presenti nelle loro zone per sferrare attacchi alle SDF nelle zone di confine. Dall’altra parte, in queste aree le SDF potevano contare sul supporto del governo siriano.
Mentre i problemi interni all’AANES sembrano sempre più far vacillare la pur sempre relativa stabilità dell’area, anche nelle zone del governo siriano non si respirava affatto un’aria di tranquillità. Nelle scorse settimane numerose manifestazioni avevano preso piede in diversi governatorati sotto il controllo del governo siriano. Ormai le proteste pacifiche sono concentrate nella zona di al Suwayda, forte anche di un’importante comunità drusa, che sta spingendo per la continuazione delle manifestazioni. Qualche azione di protesta pacifica si rinviene anche a Daraa. Sebbene si registri ormai un confinamento delle proteste a queste zone, il valore delle stesse è molto importante. Iniziate come forma di protesta per la situazione precaria del paese, soprattutto alla luce dell’andamento sempre più negativo dell’economia e della povertà dilagante, si sono presto tramutate nell’esplicita richiesta del rovesciamento del governo siriano e del presidente siriano, Bashar al Assad. Accanto al dissenso popolare, il governo siriano è stato anche impegnato a reprimere una forma di contrasto interno alle forze filo-governative, quando una sezione di al Hassakah delle National Defence Forces (NDF), gruppo che sostiene Bashar al Assad nel confronto con gli altri attori dello scenario siriano, ha opposto resistenza alle forze governative. Alcuni disguidi nella zona di al Hassakah, che rimane un’enclave con presenza governativa in territori dell’AANES, erano già in corso sulla scia di una disputa tra NDF e una tribù locale e avevano già predisposto ad un necessario intervento delle forze regolari del governo siriano. Questa ostilità ha provocato una vera e propria guerriglia, ormai sedata, ma che mette luce su uno spaccato importante della labilità degli equilibri interni. Non a caso queste forme di ribellione interne e la conseguente repressione governativa pongono interrogativi sul destino e sull’esistenza di queste formazioni, che spesso trovano la protezione delle milizie filo-iraniane o della Russia.
Non migliore è la situazione per l’opposizione filo-turca che affronta una sfida non meno corrodente con HTS e Ahrar al Sham-Settore Orienrale-Ahrar Olan, gruppo filo-HTS. HTS era giunta nelle zone dei filo-turchi per fronteggiare congiuntamente le forze curde, alla luce degli scontri di quest’ultime con i ribelli filo-turchi e i clan arabi; ma, al momento di lasciare quei territori, HTS e le fazioni pro-HTS, tra cui Ahrar Olan, sono rimaste a occupare punti strategici nei territori dei filo-turchi, scatenando una reazione a catena fatta di mobilitazioni, scontri e uccisioni nelle aree a nord di Aleppo, al Bab e Jarabulus.
Tutto questo avviene in un contesto in cui Daesh continua ad essere ampiamente presente, sebbene sia rimasto in ombra mentre esplodevano gli scontri tra SDF e clan arabi, lasciando così che le parti prima unite tra loro per fronteggiarlo si facessero una guerra letale.
Non da ultimo, anche gli attori esterni proseguono ad intrecciarsi alle dinamiche di un paese che dal 2011 non trova alcuna stabilità. La durata di una conflittualità così lunga non può che rinvenirsi nell’interessamento di paesi terzi allo scenario siriano. Iran, Stati Uniti, Russia, Turchia, Israele e paesi del Golfo non possono essere tenuti esclusi dagli sviluppi emergenti.
Gli eventi a cui si sta assistendo in Siria sono fenomeni di tensioni interne difficilmente sanabili, almeno fin quando la precarietà interna al paese, in primis sociale ed economica, proseguirà a dettare le ragioni dietro le azioni dei diversi gruppi. E, soprattutto, non ci saranno sviluppi positivi finché le influenze esterne continueranno a manovrare direttamente e indirettamente, a seconda delle proprie mire geopolitiche, una crisi che non sembra destinata a trovare alcuna via d’uscita pacifica.
Marta Felici