SIRIA. TRUMP SVENDE I CURDI A ERDOGAN

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Donald Trump vende letteralmente i curdi siriani a Raecep Tap Erdogan. D’ora in poi nessuna alleanza o accordo sarà al sicuro con l’Amministrazione Usa attuale e con il nuovo stile diplomatico cui Trump ha dato vita ripescandolo dal passato. Eh già perché Trump non è il primo a infrangere il cardine degli accordi diplomatici “pacta sunt servanda”: prima di lui ci sono state altre figure, meno ridicole e più inquietanti come Vjačeslav Michajlovič Molotov, ad esempio.

Tornando all’oggi il comunicato della Casa Bianca, un tweet costa solo pochi caratteri, recita: «La Turchia presto andrà avanti con la sua lunga e pianificata operazione nel nord della Siria (…) Le forze armate degli Stati Uniti non sosterranno o saranno coinvolte nell’operazione, e le forze degli Stati Uniti, avendo sconfitto il “Califfato” dell’ISIS, non saranno più nelle immediate vicinanze”.

Nella dichiarazione della Casa Bianca si legge anche che la Turchia si sarebbe assunta la responsabilità di tutti i combattenti Daesh catturati negli ultimi due anni, fingendo di ignorare che ci sono molte evidenze che i servizi tirchi abbiano foraggiato Daesh, come dimostra il processo ai vertici di Hurriyet. Ma torniamo alla dichiarazione: «Il governo degli Stati Uniti ha spinto la Francia, la Germania e altre nazioni europee, da cui sono venuti molti combattenti ISIS catturati, a riprenderli, ma non li hanno voluti e hanno rifiutato (…) Gli Stati Uniti non li tratterranno per quelli che potrebbero essere molti anni e un grande costo per i contribuenti statunitensi».

E il gioco è fatto. Per un Trump sottoposto a un pesante procedimento di messa in stato di accusa che lo sta inchiodando un pezzo alla volta, i curdi, la politica estera statunitense nell’area, tampone verso la ingombrante presenza russoiraniana non valgono quanto suonare il campanello dei costi per la parte di contribuenti che lo voteranno ancora, se lo voteranno. E quindi si offre il tutto al miglior offerente, quell’Erdogan che compra dai russi gli S400, prima, e i Sukhoi a breve; si vende tutto ad Ankara che non ha mai negato di voler fare piazza pulita, per chi non lo avesse capito asfaltare la Siria occidentale eliminando l’attuale presenza storica, quella curda in primis, e rimpiazzarla con i disperati che dalla Siria fanti la fame in Turhcai da anni. Ha già presentato i rendering dei progetti edilizi e delle città di nuova fondazione che, ripetiamolo, eliminata fisicamente l’attuale presenza, andrà a realizzare, spostandovi 2 m milioni di profughi. Pulizia etnica 2.0. NOn è ancora chiaro dichi saranno le imprese di costruzione incaricate della costruzione di queste nuove aree (ricordiamo che la famiglia Erdogan è stata al centro di scandali edilizi a Istanbul, città che ha perso, e di speculazioni sfrenate sul mattone). Il tutto con buona pace di Assad

I funzionari americani contattati dal New York Times, non dicono di quanto le truppe Usa rispetto al confine turco si ritureranno o se lasceranno definitivamente l’are (sono 100 uomini) Nyt riporta che «si stanno ritirando dal nord-est della Siria per “togliersi di mezzo”». Inoltre riporta fonti dell’inTelligence secondo cui: «Non sosterremo i turchi e non sosterremo la S.D.D.F. Se andranno a combattere, noi ne resteremo fuori». Ponzio Pilato non poteva eresse più chiaro.

Ankara e Washington stanno negoziando l’istituzione di una zona di sicurezza in Siria che sarebbe libera dai militanti curdi, che la Turchia classifica come terroristi.

Le forze democratiche siriane (SDF), appoggiate dagli Stati Uniti, hanno avvertito la Turchia che un’offensiva militare contro di loro avrebbe causato nell’immediato la rinascita di Daesh nella regione e che non avrebbero esitato un attimo a difendersi contro la Turchia.

Ed Erdogan che dice? È il domato (?) Hurriyet a titolare: «Gli Alleati di Trump non gli hanno obbedito sulle richieste riguardo la Siria». Un titolo che descrive benissimo la concezione clientelare della politica estera, quella interna non è oggetto di questa riflessione introduce un servizio uscito nel tardi poenrigio di ieri in cui vengono riportate le parole del presiedete turco: «Trump ha sollevato la questione del ritiro, le persone accanto a lui non hanno ancora seguito le istruzioni», ha detto Erdoğan, alla chiusura del meeting Akp di Ankara. «Trump è arrivato a questa uscita», perché difende la Turchia sulla questione della zona di sicurezza «Purtroppo, organizzazioni terroristiche come Pkk, Pyd e Ypg lanciano missili da queste parti (…) È nostro diritto chiederne conto».

Con questo il cerchio si chiude sull’affidabilità della politica estera targata Trump e sulle sue pretese di “leader” mondiale, così come sull’alleato turco della Nato. Aspettiamo le foto del dramma dei profughi curdi, se mai usciranno.

 

Antonio Albanese