Sembra ci sia una guerra aperta tra la moglie di Bashar al Assad, Asmā’ al-Akhras, e il cugino del marito Rami Makhlouf. È un periodo molto delicato per il governo Assad che probabilmente sente di aver perso un dominus quale è Mosca e che teme di essere scaricato politicamente dagli alleati tradizionali.
Sono state recentemente rese note una serie di notizie relative a una serie di sequestri di beni legati all’export petrolifero facenti capo ai Makhlouf. La divulgazione di queste misure cautelati è segnale della guerra tra Asma e Rami Makhlouf, che si è visto sequestrato molti settori delle sue proprietà, come l’Associazione Al-Bustan e il settore delle telecomunicazioni; una serie di fatti che ha spinto Muhammad Makhlouf, padre di Rami, che vive da anni in Russia, a rispondere rivelando casi di corruzione legati ai nomi fedeli al presidente siriano.
Nella seconda parte del 2019, i russi presentano il conto a Bashar dell’intervento fino a quel momento fatto: si parla, all’epoca, di una cifra compresa tra i due e i tre miliardi di dollari, che avrebbe dovuto essere pagata dai “tesorieri“ di Assad, i Makhlouf.
Rami, il cugino multimiliardario, nicchia e la moglie di Assad pretende di voler vedere “i libri contabili”, innescando da qui una spierei di reazioni a catena che portano, tra sequestri e requisizioni, fino all’oggi.
Il regime di Assad ha sequestrato il denaro di alcuni uomini d’affari siriani, al fine di garantire i diritti di tesoreria dello Stato dalle tasse e dalle multe da loro pagate in casi che risalgono al 2019.
Diverse fonti social locali riportano una decisione emessa il mese scorso dal regime di Assad di porre una riserva sui fondi della società Aabar Service Shore, registrata a Beirut, che lavora nel campo del trasporto di carburante e di materiali petroliferi, e il cui nome rientra nella lista delle sanzioni americane, riportano i siti Baladi e Snack Syrian. La decisione prevedeva anche il sequestro dei fondi di Ali Muhammad Hamza, Muhammad Khair Al-Amrit e Baher Al-Saadi, oltre a Rami Makhlouf, cugino di Bashar Al-Assad.
Rami Makhlouf ha negato il suo rapporto con la Aabar Service Shore Company, dalla data della sua costituzione fino ad oggi, affermando che la questione è provata da documenti legali e archivi societari, e considerando che le autorità competenti in Siria non hanno seguito le procedure e i principi legali necessari per verificare la proprietà.
Per non vedersi sequestrate le sue società, Makhlouf ha confermato di aver firmato un contratto di transazione con la Direzione generale delle dogane il 29 dicembre 2019, e di aver pagato di tasca propria 7 miliardi di sterline siriane, un importo che supera quello richiesto alla società, Aabar Petroleum Services Shore.
Non è la prima volta che si è proceduto a un sequestro cautelare dei fondi di persone e società citate nella decisione, in quanto un simile atto è stato emesso nel dicembre dello scorso anno, sullo stesso caso, mentre questa nuova decisione risale al 17 marzo.
La guerra di famiglia ha assunto però adesso anche connotati internazionali, visto che i media russi stanno attaccando il regime di Damasco, e che dietro queste accuse ci sarebbe lo zampino del ricco zio “moscovita”; che avrebbe inciso sulla volontà politica di Mosca di ridimensionare e mettere da parte un alleato scomodo e spesso inefficace. Il comportamento sul campo delle forze russe, che stanno tacendo sull’incrementata presenza turca in Siria in funzione anti Assad, potrebbe essere letto come un segnale o un avvertimento per Damasco.
Redazione