SIRIA. Julani: moderazione o pragmatismo?

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Dopo la presa di Kabul da parte dei Talebani, AGC News si interrogava sulle etichette di “moderati” ed “estremisti”. In quell’occasione si parlò dello storico Bernard Lewis per evidenziare come tale dibattito dovesse acquisire una declinazione diversa, parlando di approccio “pragmatico” e “ideologico”.

Con la presa di Damasco da parte di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) di Abu Muhammad al-Julani, quella discussione appare, per certi versi, tuttora valida.

Separando i contesti, quello talebano e quello di HTS, mantenendo la riflessione sulle “etichette” viene da chiedersi se la leadership della “nuova” Siria sia effettivamente più “moderata” oppure se quanto fatto finora sia mero “pragmatismo” politico.

In attesa di conoscere la risposta, sarà il tempo a dircelo, bisogna sempre essere consapevoli che le formazioni militanti islamiste, così come i partiti, hanno al proprio interno delle correnti di pensiero: quelle più “pragmatiche” e quelle più “ideologiche”. Si potrebbe dire, forzando un po’ i termini, alcune più “realiste” e altre “idealiste”. E HTS non fa eccezione. Basti pensare alla compagine che ha dato vita a questa ribellione che ha unito: islamisti turkmeni, uzbeki, di al Qaeda, esodati di Daesh, siriani di diversa appartenenza alla Resistenza. 

Pur non escludendo che gli uomini possano cambiare le proprie idee, appare, al momento presente che la “moderazione” di al-Julani sia finalizzata a mere questioni pragmatiche: l’ordine politico interno, non può essere stabilito se dichiarasse guerra a qualche potenza straniera. Ma, conclusa questa fase, quale sarà l’approccio del nuovo governo? Ammesso che esistano più visioni inHTS, quale corrente si affermerà quando si dovranno realmente confrontare con il mondo esterno e, nello specifico, con il vicino Israele?

Come nel 2021 citando Lewis (la cui visione era politicamente orientata), i sostenitori del “pragmatismo” e gli “ideologi” sono sempre arrivati allo scontro. Martin Kramer, allievo di Lewis, scrisse in The Mismeasure of Political Islam (1997) che più gli islamisti (e non solo) sono lontani dal potere, maggiore sarà la loro “moderazione” se vogliono sopravvivere. Più questi soggetti si avvicinano al potere, maggiore sarà invece la probabilità di assistere a un loro cambio di rotta, come in Sudan e in Iran.

A questo punto della storia, vedremo se tale tesi è ancora valida.

Andrea Cannizzo

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