SIRIA. I rifugiati nell’era Recep Erdogan II

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La Turchia ospita più di 3.6 milioni di siriani e la questione dei flussi migratori è stato uno dei temi principali della campagna politica per le presidenziali turche, conclusesi il 28 maggio con la vittoria del presidente uscente, Recep Tayyip Erdogan e della sua coalizione, grazie al raggiungimento del 52,1% dei voti al ballottaggio. La centralità del tema migranti è naturalmente correlata ad una situazione economica precaria della Turchia, che ha spinto la popolazione a sviluppare sentimenti anti-immigrati.

Sebbene entrambi gli sfidanti al ballottaggio delle presidenziali turche, Recep Erdogan con l’Alleanza del popolo da una parte e Kemal Kilicdaroglu con l’Alleanza della Nazione dall’altra, sostengano il rimpatrio dei rifugiati siriani, la narrativa adoperata nel corso della campagna elettorale è stata diversa.

Kilikdaroglu, presentando numeri folli, ed evidentemente errati, sul numero di migranti presenti in Turchia, ha spinto il suo discorso sul tema del reintegro dei siriani in Siria, prospettando un massimo di due anni, con il supporto dell’Unione Europea, per concludere l’operazione.

Erdogan ha sostenuto la linea del rimpatrio volontario e in condizione di sicurezza, promuovendo la costruzione di villaggi residenziali nelle aree siriane controllate dai ribelli filo turchi dove rispedire i siriani. Erdogan, però, sta parallelamente portando avanti un’apertura del dialogo con il governo siriano di Bashar al Assad.

L’esito del primo turno ha dato ad Erdogan poco meno del 50%, seguito dal suo primo sfidante Kalicdoroglu al 44,9% e dagli altri due candidati Sinan Ogan al 5,2% e Ince allo 0.4% (ritiratosi all’ultimo, ma i cui voti espressi a suo favore sono stati considerati validi).

Erdogan aveva bisogno del sostengo del terzo arrivato per vedersi garantita la maggioranza al ballottaggio. Ogan, a capo dell’Alleanza Ancestrale, ha deciso di appoggiare Erdogan, tuttavia una parte della sua coalizione, quella impersonata da Umit Ozdag del Partito della Vittoria, ha deciso di sostenere Kilicdaroglu. Umit Ozdag è stato protagonista della campagna anti-immigranti, non riuscendo però a ottenere alcun seggio parlamentare.

Anche Ogan ha chiaramente sostenuto una politica anti-immigrazione. Essendo stati preziosi i suoi voti, Erdogan non potrà mettere da parte quel sentimento anti-migratorio, che ha contraddistinto la campagna dell’Alleanza Ancestrale di Ogan. Erdogan non potrà neanche disconoscere un diffuso sentimento anti-siriano insidiatosi nel corpo sociale ed esacerbato dal recente terremoto.

In Turchia, quest’ultimo periodo è stato segnato anche da un’escalation di violenza nei confronti dei siriani lì residenti, fomentata anche dai discorsi razzisti e xenofobi, caratterizzanti la campagna elettorale e l’attività sulla sfera social. Se il rimpatrio rimane indiscusso, l’economia turca, però, gode ampiamente del lavoro dei siriani residenti in Turchia, e gli stessi siriani non sono intenzionati a tornare in Siria.

Il ministro degli Affari esteri turco, Mevlut Cavusoglu, aveva dichiarato che la Turchia necessita della forza lavoro siriana e che non è corretto dire che tutti i siriani verranno riportati nel loro suolo natio; tuttavia, quelli che lo vorranno dovranno avere condizioni di sicurezza e infrastrutture che garantiscano il loro ritorno. Proprio in occasione dell’ultimo incontro quadripartito tra i rappresentanti di Siria, Turchia, Russia e Iran a Mosca si è deciso di stabilire una tabella di marcia per garantire il reintegro dei siriani, basata anche su studi di matrice russa. In più, le recenti voci su un possibile incontro Erdogan-Assad lasciano presagire forti novità anche sul fronte migrazione.

Nel frattempo in Siria, la costruzione di abitazioni per rifugiati, sostenute dalla Turchia, stanno procedendo e il presidente Erdogan ha recentemente dichiarato che più di mezzo milione di siriani sono tornati in Siria. Il ministro degli Affari esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha chiarito che i siriani saranno riportati in Siria in condizione di sicurezza, anche nelle aree controllate dal governo Assad, se ci sarà un accordo con questo. Egli ha anche accennato ad un piano di rimpatrio sostenuto da Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Il ministro degli Affari interni turco, Suleyman Soylu, si è recato in questi giorni nella campagna orientale di Aleppo, a Jarabulus, sotto controllo delle fazioni filo-turche, per porre la prima pietra di un’area residenziale destinata ai rifugiati siriani.

Sebbene la Coalizione nazionale dell’opposizione siriana, che funge da rappresentate politico dei ribelli siriani filo-turchi, si sia congratulata con Recep Erdogan per la (ri)conquista della Presidenza turca, rimane comunque scottata dalla decisione di questo e del suo entourage di aprire un dialogo proficuo con il governo Assad.

La Turchia di Erdogan, infatti, ha proceduto negli ultimi tempi a tenere colloqui di alto livello con gli esponenti del governo Assad, grazie alla mediazione Russa e al sostegno dell’Iran. Il punto critico continua ad essere la questione della presenza delle truppe turche in suolo siriano, eppure nessuna parte si è tirata indietro dai dialoghi, prospettando così un’apertura alla distensione delle relazioni tra i due paesi. L’impegno militare turco difficilmente verrà scalzato nel breve o nel medio termine, anche perché la questione curda è ancora troppo urgente per la Turchia, dato che il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) è riconosciuto come gruppo terroristico, capace di insidiare la sicurezza dello stato.

Le elezioni in Turchia hanno sì confermato la tenuta di Erdogan, ma hanno anche chiarito che la maggioranza non è così forte come nel mandato precedente, portando con sé rilevanti novità anche in relazione allo scenario siriano. In particolare, Erdogan dovrà sia ascoltare le esigenze anti-immigranti dell’alleato del ballottaggio, Ogan, sia tener conto dell’ampia opposizione di Kilicdaroglu. Il futuro dei rifugiati siriani sarà, quindi, in balia degli scontri politici interni tra maggioranza e opposizione turche, se non anche delle pressioni degli attori esterni sui due schieramenti.

Marta Felici

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