Consoscere l’islam 3, intervista al Gran Mufti di Siria

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SIRIA – Damasco. 17/01/15. Ancora un incontro importante dentro le trame dell’islam, per cercare di comprendere e tradurre questa religione, della quale non si conosce mai abbastanza. La scelta della Siria è voluta, proprio per quella sua caratteristica di essere terra di accoglienza di tante diverse confessioni e scuole di pensiero che avrebbero dovuto insegnare al mondo il rispetto, trasformata invece in luogo di guerra e terrorismo, che forse ha avuto tanta capacità di resistenza proprio grazie a questa sua abitudine alla convivenza. Il Gran Mufti di Siria, Dr. Ahmad Badr al-Din Hassoun è un uomo di grande carisma, un po’ fuori dalle righe, con due occhi profondi che paiono scrutarti dentro, la sua voce è bassa e sa quando cambiare tono e volume per mettere in evidenza un concetto.

Ha davvero tante cose da raccontare ed è difficile fermare la sua valanga di parole soprattutto all’inizio, dopo esserci accomodati nel suo salotto ed avergli chiesto di parlarmi della situazione politica e religiosa della Siria. Mi ringrazia del coraggio di essere giunta in questo paese e di parlare con tutti coloro a cui viene rifiutata la possibilità di recarsi all’estero, come lui. La necessità di dialogo e soprattutto di avvicinarsi a delle logiche diverse è sempre più marcata. Quello di cui sono certa è che il popolo non ha scelto la guerra e non c’è libertà in quello che sta accadendo in Siria. Dall’inizio del conflitto la potenza dello Stato Islamico è cresciuta in maniera esponenziale e di questo non credo si possa accusare il regime siriano. Oggi quello a cui si dovrebbe dare peso e visibilità non è schierarsi in questa crisi con l’uno o con l’altro, è invece trovare l’unione contro un nemico che sta attentando alla nostra libertà e che vuole entrare nelle nostre case, nelle nostre famiglie e stravolgere le nostre regole di vita. E questo è anche il pensiero del Dr. Ahmad Badr al-Din Hassoun, mi dice che proprio per questo auspica che le sue parole possano non rimanere inascoltate e pone l’accento sulla sua funzione di garante super partes e nel presentarsi dice:
H: «Il Dio a cui crede il cristiano, il musulmano e l’ebreo è uno solo e non possiamo dire che ne esistano tre diversi. Alcuni politici e alcuni uomini della religione ci hanno allontanato fra di noi. Il nostro signore Cristo, la pace sia su di lui, non era ortodosso, non era cattolico, non era neppure protestante, ha portato un Vangelo dato da Dio, poi è tornato in cielo e ha detto questo è il mio messaggio. Il profeta Mosè, la pace sia su di lui, è venuto col vecchio testamento ce lo ha dato ed è tornato in cielo; il profeta Muhammad ci ha detto non potete credere solo in me, per credere in me dovete credere sia in Cristo sia in Mosè. Noi non siamo tre religioni diverse, siamo una sola religione con tre e vie diverse, se siamo veri musulmani, veri cristiani dobbiamo vedere all’interno di un solo cerchio e nessuno di noi dovrebbe uccidere in nome di un Dio. Se si vuole parlare la lingua delle armi e dei commercianti delle armi dobbiamo prendere atto che il valore dell’uomo viene calcolato in base al costo del barile di petrolio.
Il nostro corpo viene dalla terra e alla terra torneremo; se prendo un pugno di terra dalla Siria e uno dall’Italia e li mescolo insieme qualcuno potrà poi separarli? C’è una legge che dice questa terra è superiore a quell’altra? La risposta a queste domande è ovvia come lo è il fatto che non si può dire il musulmano è superiore al cristiano, ne che il cristiano è superiore al musulmano. Non è importante la propria provenienza, in Siria per esempio non esistono le minoranze; pensi il presidente della sicurezza nazionale, per otto anni in Siria è stato un curdo e io neppure sapevo; la più alta posizione per un magistrato ad Aleppo lo occupava un yazidita; un anno fa è andato il pensione il Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, era un cristiano maronita, nessuno occupa una determinata posizione per appartenenza etnica o religiosa. Quando mi hanno nominato Mufti della Repubblica ho detto che il mio popolo è composto da 23 milioni di cittadini, ci sono atei, laici, comunisti, musulmani, cristiani, ebrei tutto il mosaico della società siriana e il mio dovere è essere servitore di tutti. Io non sono il Mufti dei sunniti o dei musulmani, questo è un compito da leader religioso e non solo del suo gruppo di appartenenza. Non può esistere uno stato ebraico o uno stato musulmano o uno stato cristiano, la nostra patria non è uno stato islamico e i vostri stati non sono stati fondati sul cristianesimo, perché il cristianesimo è cresciuto in Siria. Chi annulla l’altro è colui che non conosce la religione.
Quando sono stato in Europa e davanti al Parlamento Europeo insieme al Papa, al gran Rabbino di Londra, al Dalai Lama, nell’anno del dialogo delle culture, nel mio discorso dissi che distruggere tutti i luoghi principali di culto, come la Ka’ba alla Mecca, dove i musulmani vanno in pellegrinaggio, o la Moschea di al-Aqsa a Gerusalemme, o anche la chiesa della nascita e della Resurrezione, o il muro del pianto per gli ebrei che i musulmani chiamano Ḥā’iṭ Al-Burāq, davanti a Dio sarebbe un crimine ben minore rispetto all’uccisione anche di un solo bambino e non importa se musulmano, cristiano o ebreo. Gli edifici possono essere ricostruiti, i torti commessi agli esseri umani rimarranno per sempre e oggi si mette vi è più attenzione per le costruzioni dimenticando l’uomo, che è l’edificio di Dio; dannoso è colui che fabbrica una pallottola per uccidere un uomo o colui che fabbrica un aereo per uccidere la gente; santo è colui che scopre una medicina per curare o che fa amare le persone fra di loro.
Il nostro problema oggi non è politico, militare o di natura ideologica; noi con gli ebrei non abbiamo alcun tipo di difficoltà, ma lo abbiamo con chi vuole usurpare i diritti dell’altro; non possiamo costruire Stati confessionali per giustificare l’esistenza di Israele per gli ebrei. Cristo non ha costituito uno Stato e neppure Mohammad o Mosè, però hanno costruito l’uomo e questo è ciò che deve fare lo Stato che deve avere come religione la giustizia e l’uguaglianza nei diritti».

M: Cosa possono fare le religioni per fermare questa guerra?
H:«Gli uomini della religione hanno unito le loro forze con i tutti siriani per fermare questa guerra, senza la resistenza del popolo anche l’esercito nonostante la sua forza non avrebbe avuto successo; a Tartus si può vedere che moschee e chiese accolgono profughi da ogni parte dandogli asilo e protezione. L’80% del popolo siriano ha rafforzato i legami tra loro e poco importa se davanti ha un musulmano o un cristiano, un ateo o un laico. La guerra non è cominciata tre anni fa è iniziata con l’Afghanistan, dalla lotta tra Russia e Stati Uniti d’America, hanno sacrificato il popolo musulmano afghano come vittima di questa lotta fra loro. Una lotta per le ricchezze petrolifere, per poter arricchire l’uranio. Guardiamo l’Africa dove ancora oggi si muore per le malattie, ma le ricchezze rimangono e le estraggono a loro piacimento. I talebani sono stati creature degli americani, li hanno addestrati per combattere, per uccidere. Bin Laden è stato addestrato dagli USA e la sua famiglia è la famiglia più vicina agli Stati Uniti d’America; il 70% degli ingegneri dell’Arabia appartengono alla stirpe di Bin Laden, ma la situazione gli è sfuggita di mano le si è rivolta contro e quanto accaduto alle Torri gemelle è frutto di quella organizzazione di sauditi talebani, prodotta in USA. Noi sin dal primo momento dell’Afghanistan eravamo contrari, poi la guerra si è spostata in Libano, lo hanno frammentato, noi siamo intervenuti per ristabilire ordine, tutto ciò a causa dei signori della guerra che portano la gente a morire, in Siria siamo sempre stati contrari alla divisione del Libano. Poi c’è stata la guerra in Iraq e abbiamo impiegato molte forze per spegnere quel conflitto. L’America ci chiese di partecipare alla guerra, ma il nostro presidente ha negato la sua adesione, perché la guerra non libera i popoli quello che libera i popoli è la pace e la prosperità. Sono tornati ancora e hanno ucciso Saddam Hussein e guardate l’Iraq oggi è una polveriera da tutte le parti. La Siria è contro le guerre da 30 anni, questo è il motivo per cui hanno appiccato il fuoco all’interno dei nostri confini e quello che sta accadendo qui proviene dall’estero. Oggi questi combattenti però stanno tornando a casa, tre anni fa io lo dissi quelli che stavano mandando qui sarebbero, prima o poi, ritornati non mi hanno creduto e ora agiranno anche contro di voi. Il popolo siriano con tutte le sue etnie e religioni è solidale, può darsi che questa crisi possa durare ancora a lungo, sono certo che la nostra unione crea gli anticorpi e la forza per poterla combattere».

M: Suo figlio è stato ucciso in un attentato può perdonare i suoi assassini?
H: «Il popolo siriano è un popolo di pace ha imparato da Cristo, la pace sia su di lui, quando dice “perdona il tuo nemico” e ha ascoltato il Profeta, la pace sia su di lui, e la sua preghiera “non diventerete fedeli finchè non vi amerete l’un l’altro” se tu mi ami e io ti contraccambio, non c’è uno al di sopra dell’altro; invece se io sono un tuo nemico e tu mi ami tu sei sicuramente meglio di me. Una madre, qualsiasi errore faccia il proprio figlio, quando torna da lei e le chiede comprensione lei piange e lo perdona. Io non so odiare, non odio neppure un israeliano, odio le loro opere che è una cosa diversa, ma se abbandona le sue malefatte lui per me è un fratello. Non odiate l’uomo, ma odiate le sue opere se sono sbagliate e indirizzatelo verso il bene; Saulo è venuto in Siria per uccidere i cristiani, era un ebreo su questa strada alla chiesa di Anania è guarito è diventato un Santo chiamandosi Paolo. Cosa è cambiato in lui? Il suo cuore, prima odiava e dopo ha amato. Io ho voluto incontrare due di coloro che hanno ucciso mio figlio, volevo vederli in faccia. Davanti a me sono arrivati bendati, ma io ho chiesto che potessero guardarmi, appena mi hanno visto erano impauriti, li ho abbracciati e ho detto loro se dipendesse da me vi farei tornare dalle vostre madri, basta la sofferenza e il piano mio e di mia moglie, non vorrei che anche vostra madre. Ho chiesto al giudice, hanno ucciso solo mio figlio? Se hanno ucciso solo mio figlio vorrei che fossero lasciati liberi, perché io non voglio nulla da loro. Ma ognuno di loro aveva una lunga storia di omicidi e non potevo intercedere così ho detto loro ‘spero tornerete a Dio, quando morirete vedrete mio figlio Sariah e vedrete Dio e lui che vi giudicherà non io.’ Quando sono uscito avevo dei soldi in tasca glieli ho donati, potevano averne bisogno ho chiesto per loro che potessero avvertire i loro genitori; poi sono andato a pregare e ringraziare Dio per avermi dato questa forza ed essere riuscito ad esprimermi in questa maniera e sono molto felice. Dopo questo fatto mi contattò un grande Emiro arabo e mi ha invitato ad uscire dal paese, insieme a tutta la mia famiglia, dicendomi che mi aveva preparato una bella residenza sul mare, mi disse che aveva paura che io potessi essere assassinato. Ho risposto all’Emiro che io a casa mia, nella mia patria sono un principe, la mia vita appartiene a Dio e che risiedere nel suo palazzo non mi avrebbe allungato la vita. Vi era però una differenza se avessi lasciato la mia patria e avessi accettato la sua proposta, da principe, quale mi ritengo in patria, sarei diventato collaborazionista. Io sono anche certo che se cessa la lingua delle armi domani vedrete il popolo siriano che si abbraccia l’uno con l’altro, ciò è impedito da coloro che si fanno chiamare rivoluzionari e che impediscono al popolo di unirsi. Io sono molto ottimista per natura e dico ciò che non ti ammazza ti ingrassa. La Siria diventerà un modello per come combattere il terrorismo perché abbiamo, dopo tutto questo tempo, imparato come ci aggrediscono usando la religione».

M: È possibile riprendere il dialogo?
H: «Dopo un anno dall’inizio dei disordini mi hanno chiamato per visitare gli Stati Uniti d’America, per i permessi sono andato all’Ambasciata americana in Giordania dove mi avevano detto che era tutto pronto. Solo per entrare ho dovuto attraversare 5 metal detector, io sono un Mufti, un uomo di religione ma ho accettato tutto senza replicare; mi hanno fatto accomodare in una stanza chiusa dove mi sono seduto su una sedia, non potete immaginare la mia sorpresa quando ho visto il console americano che mi parlava da dietro un vetro blindato! Parlavo con lui attraverso un microfono, vi chiedo questa è la democrazia? Questa è la libertà? Questo è valorizzare l’uomo? Il console era una signora che ha poi cominciato a farmi domande sul perché volessi recarmi in America, gli ho risposto ‘voi mi avete chiamato, sono stato invitato presso alcune università americane e da alcuni esponenti del Congresso americano.’ Mi ha chiesto ancora cosa andassi a fare negli Stati Uniti, sono rimasto meravigliato, incredulo perché pensavo che loro avevano rapporti anche con gli oppositori esterni siriani e queste riunioni sarebbero potute essere importanti per il dialogo, ma mi sono domandato se davvero avrebbero permesso questo. Io personalmente ho invitato gli oppositori a venire in Siria per dialogare, assicurando loro pace e protezione ma anche questo è stato motivo di domande perché accettare l’incontro e colloquiare per loro era solo un segno che volevo passare dalla loro parte, ancora una volta dovuto spiegare che il mio ruolo è incontrare oppositori, come lo è incontrare cristiani, ebrei, mormoni o apache perché tutti sono fratelli. Un altro dei problemi è che proprio mondo occidentale ha allontanato i cristiani da questa Regione. Nel 1966, 49 anni fa, io ero a Betlemme, ero uno studente avevo 15 anni, sono andato alla moschea di al-Aqsa, alla chiesa della natività di Cristo, sono sceso nella grotta e li ho pregato. I cristiani allora erano 60mila, i musulmani 8mila. Nel 2014 8mila è il numero dei cristiani e 9mila quello dei musulmani, molti dei quali sono profughi. In base alla crescita demografica i cristiani dovrebbero essere 320mila, allora perché ci arrabbiamo se una chiesa viene distrutta, come quella di Mosul per esempio dopo l’ingresso delle forze alleate e non ci arrabbiamo per la mancata crescita dei cristiani? Questo è il gioco di Israele che è poi arrivato in Siria e in Iraq, bisogna fare attenzione perché accadrà in Libano e il rischio è che arrivi anche in Europa, c’è un progetto mondiale e non riguarda solo la Siria».

Nel salutarmi stringendo la mia mano e con un grande sorriso mi ha detto: «Il giornalista o è un profeta di Dio o è un profeta del diavolo scelga lui». Io credo che questa considerazione vada bene per ciascuna professione, per noi che usiamo le parole forse è più opportuna, ecco perché nel riportare queste interviste ho volutamente evitato analisi o commenti. Le ragioni si dice stiano nel mezzo, mi piacerebbe poter raccontare l’altra parte, ma per ora non c’è la libertà di farlo se non sottomettendosi al loro pensiero, alla loro religione e stile di vita. Voglio qui solo riportare le parole di Papa Francesco, non come cattolica ma come persona libera: «Non si può uccidere in nome di Dio. Ma anche la libertà di espressione ha un limite. Che è precisamente quello che ‘non si può insultare la religione degli altri’», parole che sottoscrivo proprio perché durante in miei lunghi viaggi ho imparato che senza il rispetto non si può entrare nella casa e nel cuore di nessuno.

alessandra.mulas@gmail.com

Foto di Mauro Consilvio