SIRIA. Assad torna nella Lega Araba: Usa fuori dai giochi

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Il 19 maggio il presidente siriano, Bashar al Assad, è tornato a occupare il posto della Siria nella Lega Araba, durante il 32° vertice della stessa a Jeddah, in Arabia Saudita. L’estromissione della Siria dalla Lega Araba durava da circa 12 anni ed era stata una risposta del mondo arabo all’escalation di violenze durante la guerra civile siriana. Sebbene la crisi siriana non sia giunta ancora ad una soluzione e le violenze siano all’ordine del giorno, la decisione dei paesi membri della Lega sul reintegro della Siria nell’organizzazione è segno di una volontà proattiva del mondo arabo nella ricerca di una soluzione alla crisi del teatro siriano.

Sebbene sia stata espressa unanimità per il reintegro della Siria, non tutti gli stati membri della Lega sono disposti a portare avanti, al momento presente, un processo di normalizzazione dei rapporti con la Siria di Bashar al Assad. Da una parte l’Arabia Saudita ha spinto per coinvolgere il governo Assad nella Lega Araba, portando avanti parallelamente una distensione dei rapporti bilaterali ma, dall’altra parte il Qatar rimane molto scettico nei confronti del governo Assad. Le autorità qatariote hanno specificato che il Qatar non sarà un ostacolo alla decisione del reintegro siriano nell’organizzazione; tuttavia, il paese ha escluso qualunque normalizzazione dei rapporti con la Siria.

Il Presidente Assad è stato accolto con cordialità dal principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman al Saud, e le stesse dichiarazioni ufficiali delle istituzioni saudite sono state di benevolenza per la sua partecipazione al vertice della Lega. Ad eccezione dell’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, che non ha pronunciato alcun discorso sul reintegro della Siria né si è disturbato di attendere che il Presidente Assad pronunciasse il proprio, altri paesi sono stati più positivi e hanno espresso il loro sostegno alla decisione di riportare la Siria nella Lega.

L’Egitto del presidente Abdel Fattah al Sisi ha riconosciuto nel reintegro della Siria l’importanza del ruolo arabo e l’inizio del processo di risoluzione della crisi siriana. La Giordania, pure, ha espresso il suo sostegno al rafforzamento del processo di risoluzione politica alla crisi. Similmente si è espresso il Kuwait. Il presidente tunisino, Kais Saied, è stato più sibillino nelle parole, accostando religione e cospirazioni, ma sostanzialmente esprimendo supporto alla Siria, come già era noto dal progressivo avvicinamento della Tunisia al governo Assad.

Il Libano, invece, riporta, anche nel vertice della Lega, la questione dei profughi siriani residenti in Libano. Da parte sua, il Presidente Assad ha sottolineato la necessità di evitare interferenze esterne sulle questioni puramente interne ai paesi arabi. La Dichiarazione finale del vertice dedica un punto specifico alla Siria, auspicando per il paese stabilità, integrità e ripristino del suo ruolo naturale nel mondo arabo, come effetto diretto del ritorno nella Lega. È imprescindibile notare la presenza di un paragrafo della Dichiarazione finale, che rifiuta l’ingerenza esterna e soprattutto quella di milizie straniere negli affari interni ai paesi arabi. Una postilla per l’Iran.

Il Vertice è stato molto particolare, e non solo per il rientro della Siria, ma anche per la partecipazione a sorpresa del presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyj. La presenza del Presidente ucraino, che ha accusato a gran voce alcuni paesi di chiudere un occhio sull’invasione russa, si contrappone a quella del presidente siriano, Bashar al Assad, il cui grande alleato è proprio la Russia (e il presidente russo, Vladimir Putin).

Nel frattempo, gli Stati Uniti, che non sono riusciti a ricoprire una posizione di leadership nel processo di risoluzione del conflitto siriano, cercano di agire a livello domestico. Il governo Assad non solo torna nella sfera araba, e trova partner importanti sia per portare avanti un processo di risoluzione delle conflittualità interne sia per futuri accordi di rilancio della Siria, ma riesce anche a trovare nuove distensioni con la Turchia, grazie al ruolo di mediazione che la Russia, con la partecipazione dell’Iran, sta svolgendo per avvicinare Siria e Turchia. E, ancora di più, le Syrian Democratic Forces, le forze curde siriane, il cui grande alleato sono gli Stati Uniti, hanno accolto favorevolmente l’ingresso della Siria nella Lega Araba, auspicando un riconoscimento costituzionale dei curdi e dei loro territori.

Gli Stati Uniti, fuori dai giochi, continuano a condannare il processo di normalizzazione dei rapporti con il governo Assad e a livello interno cercano di trovare un escamotage per combatterlo. Un progetto di legge bipartisan tenta non solo di colpire ulteriormente il governo Assad, ma anche di mettere in guardia i paesi che normalizzeranno con questo.

Il progetto di legge, il Assad Regime Anti-Normalization Act, punta a rendere più forte il Caesar Syria Civilian Act e a sferrare nuovi colpi al governo Assad e a chi cerca di avere rapporti con quello. Nel frattempo, però, sembra che nelle terre dell’Oman, funzionari statunitensi portino avanti colloqui con delegazioni del governo Assad. Forse, è chiaro che per non rimanere esclusi dagli sviluppi in Siria, anche gli Stati Uniti dovranno prima o poi accettare l’evoluzione degli eventi, di cui, nel bene o nel male, hanno partecipato a concretizzare.

Proprio in questi giorni, poi, si è svolto il G7 ad Hiroshima e Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Italia, Giappone e Stati Uniti hanno affermato che non c’è alcuna possibilità di normalizzare i rapporti con il governo Assad. Secondo alcune fonti, inoltre, anche Israele avrebbe confermato che il suo impegno in Siria non verrà stravolto dall’avvicinamento della Siria al mondo arabo.

Seguendo un filo logico, il ministro degli Affari esteri saudita, Faisal bin Farhan Al Saud, ha espresso la comprensione saudita per la posizione dei paesi occidentali, ma ha anche fatto presente che la situazione in Siria non è più sostenibile. Certo, ci sono voluti ben 12 anni per comprenderlo, ma è inevitabilmente chiaro che gli equilibri geopolitici sono in mutazione e che gli effetti della crisi siriana colpiscono maggiormente la regione geografica circostante, causando ondate di profughi, proliferazione del contrabbando e della droga ed espansione del terrorismo e delle convinzioni intransigenti ad esso legate.

Marta Felici

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