JaN è come DAESH: dove arriva, uccide

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ITALIA – Roma 12/07/2016. Se condanniamo Daesh per la brutalità dei suoi atteggiamenti, gli stessi simili comportamenti non devono essere ipocritamente tollerati se compiuti da altre realtà: “il nemico del mio nemico è un mio amico”, è una massima che non ha funzionato in Afghanistan e che sta miseramente fallendo, nonostante le pomposità della politica internazionale e delle convenienze del momento in terra di Siria.

Chi ne fa le spese è sempre e solo la popolazione locale: le pulizie etniche sciite fatte dalle milizie filoiraniane operanti in Iraq e Siria, le pulizie etnico-religiose di Daesh nello Sham, le esecuzioni e il terrore imposto da Jabhat al Nusra, cioè al Qaeda, il nostro peggior nemico fino a qualche lustro fa, sono tutte la stessa cosa; si equivalgono e non ce ne è una migliore o peggiore dell’altra. Sono tutte tragicamente lorde di sangue e come tali vanno denunciate, condannate e perseguite.
A quanto pare, è una coerenza di principi che sembra lontana dall’essere realizzata nella coscienza politica dell’Occidente transatlantico; a fare in modo che simili eventi “non passino in cavalleria”, come si suol dire nello Stivale sta anche il lavoro di Amnesty International che il 5 luglio scorso ha pubblicato il report: “Torture was my punishiment. Abductions, torture and summary killings under armed group rule in Aleppo and Idleb, Syria” che racconta di un’agghiacciante ondata di rapimenti, torture e uccisioni sommarie da parte dei gruppi armati che agiscono nelle province di Aleppo, Idlib e in altre zone del nord della Siria. Alcuni di questi gruppi, nonostante si rendano responsabili di violazioni delle leggi di guerra, sono sostenuti da Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti d’America, Turchia, e da molti paesi Occidentali.

La denuncia di Amnesty International fornisce una fotografia di come si vive nelle zone controllate dai gruppi armati, in cui sono state create istituzioni amministrative e semi-giudiziarie, esattamente come fa lo Stato Islamico nei territori sotto il suo controllo. La popolazione vive nel terrore di subire rapimenti se vengono espresse critiche verso i gruppi armati o non ci si conforma alle rigide regole da questi imposte, situò sostanzialmente leggere nel report di Amensty.

Ad Aleppo e Idlib i gruppi armati sono liberi di commettere crimini di guerra e altre violazioni del diritto internazionale umanitario nella più completa impunità, ricorrendo persino agli stessi metodi di tortura utilizzati abitualmente dal governo siriano e resi tragicamente famosi dai video di Daesh. Il Gruppo internazionale di supporto alla Siria «deve sollecitare», ribadisce Amnesty, «i gruppi armati smettano di compiere abusi e rispettino le leggi di guerra e deve inoltre cessare di fornire armi e sostegno a gruppi implicati in crimini di guerra e in altre gravi violazioni dei diritti umani».

Il documento di Amnesty International si concentra sull’operato di cinque gruppi armati che, dal 2012, controllano parti delle province di Aleppo e Idlib: il Movimento Nour al-Dine Zinki, divenuto famoso in Italia per il coinvolgimento nel rapimento delle cooperanti italiane Vanessa Ramelli e Greta Marzullo, al-Shamia Front, la Divisione 16, Jabhat al-Nusra, cioè al Qaeda, e il Movimento islamico Ahrar al-Sham di Idlib. Questi gruppi, in diversi momenti del 2015, si sono aggregati alla coalizione Fatah Halas (Conquista di Aleppo). Jabhat al-Nusra, al-Shamia Front e Ahrar al-Sham hanno istituito un loro “sistema giudiziario” basato sulla Shari’a, che si avvale di uffici della procura, forze di polizia e centri di detenzione; proprio come Daesh.
Il documento di Amnesty International descrive i casi di 24 persone rapite tra il 2012 e il 2016 nelle zone di Aleppo e Idlib (tra cui attivisti pacifici, giornalisti e operatori dei media, esponenti delle minoranze religiose e minorenni) e cinque casi di persone torturate dopo il rapimento, tra il 2014 e il 2015, da parte di Jabhat al-Nusra e del Movimento Nour al-Dine Zinki.
Negli ultimi cinque anni, infine, Amnesty International ha ampiamente documentato i crimini di guerra e contro l’umanità commessi dalle forze governative siriane, dallo Stato islamico e da altri gruppi armati.