Si riaccende la violenza in Tunisia

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TUNISIA  – Tunisi. Un politico dell’opposizione tunisina è stato ucciso il 5 febbraio scatenando la protesta di migliaia di persone scese in piazza due anni dopo le rivolte contro il presidente Ben Alì che hanno infiammato il mondo arabo. La sede di Ennahda, partito islamico moderato, al governo in una “litigiosa” coalizione con i laici (Ennahda ha vinto il 42 per cento dei seggi nelle elezioni parlamentari del 2011 e ha formato un governo in coalizione con due partiti laici, il Congresso per la Repubblica, a cui appartiene il presidente Marzouki, ed Ettakatol), è stato dato alle fiamme dopo che Chokri Belaid, deputato dell’opposizione, è stato ucciso davanti alla sua abitazione nella capitale.

Il primo ministro Hamadi Jebali ha definito l’uccisione di Belaid come un assassinio politico e un attacco alla “Primavera araba”. Ennahda ha negato qualsiasi coinvolgimento.

Nonostante appelli alla calma, 8.000 manifestanti, riunitisi fuori del ministero dell’Interno, hanno chiesto le dimissioni del governo, e altre migliaia hanno manifestato a Mahdia, Sousse, Monastir e Sidi Bouzid, culla della rivoluzione, dove la polizia ha sparato gas lacrimogeni e colpi di avvertimento.

La Tunisia è stato il primo paese arabo del Nord Africa a cacciare il suo leader e tenere libere elezioni innescando rivolte in tutta la regione, che portarono alla caduta dei governi di Egitto, Yemen e Libia e alla guerra civile in Siria.

Ma, come in Egitto, molti che hanno combattuto per la libertà da governi autocratici e per avere migliori prospettive per il futuro ora sentono che le loro rivoluzioni sono “sotto sequestro”, bloccate dai partiti islamici, accusati di reprimere le libertà personali, senza dare alcun segnale di ripresa economica.