
Gabriel Escobar, Inviato speciale per i Balcani occidentali del Dipartimento di Stato USA, nel corso di un’intervista al media serbo Nova ha affermato che Washington intende rafforzare il proprio impegno nella regione. In particolare, Escobar ha fatto riferimento alla Serbia in vista delle elezioni generali che si terranno il prossimo aprile, auspicando il rispetto dello stato di diritto e la garanzia di equa partecipazione per i partiti dell’opposizione.
Il voto di aprile rappresenta un passo fondamentale per il percorso verso una possibile candidatura della Serbia a diventare un Paese membro Ue: Escobar ha infatti ribadito che gli Stati Uniti intendono collaborare con l’Unione europea per promuovere l’attuazione da parte di Belgrado delle riforme richieste da Bruxelles, tenendo come priorità la lotta alla corruzione.
Il tema del rispetto dello stato di diritto, dell’equa rappresentanza e della libertà di informazione non è una novità per Belgrado: lo scorso anno, un gruppo di europarlamentari di Bruxelles ha redatto un documento che elencava le condizioni da rispettare nel voto del prossimo aprile, quando i cittadini serbi saranno chiamati alle urne sia per scegliere il Capo dello Stato (con una possibile riconferma dell’attuale Presidente Aleksandar Vučić), che per rinnovare l’Assemblea nazionale. A settembre, il partito di opposizione Libertà e Giustizia (centrosinistra) ha criticato i contenuti delle proposte dei rappresentanti del Parlamento europeo perché non fornirebbero sufficienti garanzie per il regolare svolgimento delle elezioni.
In effetti, molti osservatori accusano Stati Uniti e Unione europea di avere un atteggiamento accondiscendente nei confronti di Vučić e del governo di Belgrado guidato dalla Premier Ana Brnabić. Escobar ha comunque aggiunto che la Serbia rimane, come gli altri Paesi di area balcanica, sulla strada per l’integrazione europea, prospettiva sostenuta anche da Washington. Ovviamente le parole dell’Inviato speciale assumono un particolare significato viste anche le tensioni in Ucraina: tra tutti i paesi dell’area, la Serbia da sempre rappresenta quello più vicino a Mosca anche per ragioni storiche, culturali e religiose.
Ma il maggiore ostacolo alla prospettiva di integrazione europea della Serbia rimane la questione del Kosovo: in settimana, sia Gabriel Escobar che il Rappresentante speciale Ue per il dialogo tra Pristina e Belgrado, il funzionario slovacco Miroslav Lajčák (peraltro ex Alto Rappresentante in Bosnia Erzegovina) hanno incontrato il Premier kosovaro Albin Kurti e la Presidente Vjosa Osmani. Stati Uniti e Unione europea sostengono infatti congiuntamente la continuazione del dialogo tra Serbia e Kosovo con la mediazione di Bruxelles.
Il sostegno dell’Ue all’indipendenza del Kosovo è messa in discussione dal mancato riconoscimento di alcuni membri tra cui, prima fra tutti, la Spagna. Washington invece da sempre sostiene, ovviamente, la sovranità di Pristina, che continua a fornire un saldo sostegno alla NATO, di cui fanno parte Albania e Macedonia del Nord.
Il dialogo tra Pristina e Belgrado mediato dall’Ue incontra periodicamente nuovi ostacoli: dopo la risoluzione delle tensioni al confine dello scorso ottobre dovute alla decisione delle autorità kosovare di imporre targhe provvisorie ai veicoli serbi al valico di frontiera, questo mese il Parlamento del Kosovo ha approvato una risoluzione che impedisce ai cittadini di etnia serba di partecipare a un referendum costituzionale indetto da Belgrado su delle riforme giudiziarie che rientrano oltretutto tra le richieste di Bruxelles. Diversi Paesi membri Ue hanno richiesto al Parlamento di Pristina di permettere ai cittadini di nazionalità serba di partecipare al voto; tra questi, anche Germania, Francia e Italia.
Carlo Comensoli