SERBIA. Putin paragona Lugansk e Donetsk al Kosovo

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Dall’inizio della guerra in Ucraina, i media filo-governativi serbi non hanno avanzato aperte accuse nei confronti del Cremlino, mentre il governo ha condannato l’invasione russa in sede Onu senza però appoggiare le politiche sanzionatorie europee. 

Per la prima volta da febbraio, nell’opinione pubblica serba si fanno avanti ora accuse nei confronti di Mosca: infatti lo scorso 26 aprile, nel corso del colloquio con il Segretario generale delle Nazioni unite, Putin ha paragonato le sorti delle popolazioni di Lugansk e Donetsk a quelle del Kosovo. Secondo il presidente russo, le due oblasti separatiste avrebbero la possibilità di ottenere il riconoscimento della propria sovranità sulla base del precedente del Kosovo, quando la Corte internazionale di giustizia riconobbe valida la dichiarazione di indipendenza di Pristina. 

Il riferimento alla questione del Kosovo proprio nel corso dell’incontro con Guterres ha subito suscitato molto clamore in Serbia: il media Srbski Telegraf parla di “pugnalata alla schiena”, mentre secondo un diplomatico serbo, l’ex ambasciatore a Minsk Srecko Đukić, Putin con queste parole avrebbe addirittura riconosciuto l’indipendenza di Pristina. Una conclusione abbastanza improbabile, visto che Mosca ha da sempre supportato gli interessi regionali serbi nei Balcani occidentali sia per quanto riguarda il dialogo tra Belgrado e Pristina che per la questione della Bosnia Erzegovina, ma che dà la misura di quanto si possa profilare una spaccatura tra Russia e Serbia. L’Ambasciatore russo a Belgrado Aleksandr Harčenko è comunque intervenuto per chiarire che la posizione del Cremlino nei confronti del Kosovo rimane invariata.

In realtà il riferimento di Putin al Kosovo sembrerebbe quasi un avvertimento a Belgrado per il rischio di un appoggio alle sanzioni occidentali contro la Russia. A inizio aprile il presidente Aleksandar Vučić è stato rieletto per un secondo mandato: Bruxelles da un lato sperava in un’adesione alle misure contro Mosca dopo la fine della campagna elettorale, visto che di fatto l’invasione russa dell’Ucraina trova l’appoggio di una parte consistente dell’opinione pubblica serba. Se questo succedesse (ma molti credono che ora Vučić tarderà la formazione di un nuovo esecutivo per procrastinare una presa di posizione ufficiale sulla questione), la Serbia rischierebbe di perdere il supporto russo per i suoi interessi regionali. 

Carlo Comensoli