
Mercoledì 16 marzo la Camera di commercio di Belgrado ha reso noto che la Commissione europea ha decretato l’aumento delle quote di importazioni di acciaio dalla Serbia per far fronte alla carenza della quantità normalmente importata da Russia e Bielorussia.
Il maggiore impianto di produzione dell’acciaio in Serbia, situato a Smederevo, dal 2016 è di proprietà della multinazionale cinese HBIS Group Corporation: fino al 2012 faceva parte della compagnia statunitense US Steel. Stando ai dati del Ministero delle finanze della Serbia, nel 2021 HBIS ha esportato acciaio in Ue per un valore di poco più di 750 milioni di euro.
Nel documento redatto dalla Commissione europea il 16 marzo si legge che dall’approvazione del decreto che blocca le importazioni di acciaio da Russia e Bielorussia seguirà un periodo di tre mesi in cui saranno ammesse nel territorio dell’Unione le quote già accordate in precedenza. Il vicepresidente della Camera di commercio serba Bojan Stanić ha affermato che finora le compagnie esportatrici serbe sarebbero rimaste svantaggiate dalle condizioni imposte da Bruxelles, nonostante gli accordi sugli scambi Ue-Serbia; la ricollocazione delle quote rappresenterebbe quindi un’opportunità per Belgrado.
Il blocco alle importazioni di acciaio che segue l’invasione dell’Ucraina provocherebbe una perdita di 3,6 miliardi di dollari di entrate per Mosca, secondo quanto riportato dalla Commissione europea. Nel frattempo Ursula von der Leyen ha sottolineato che la misura andrebbe a colpire uno dei settori chiave dell’economia russa e farebbe sì che cittadini e imprese dei paesi membri Ue non finanzino la “guerra di Putin”.
Le importazioni di acciaio da Bielorussia e Russia sarebbero comunque diminuite prima della decisione di Bruxelles, già a gennaio e febbraio nel corso delle tensioni in est Europa. Continua nel frattempo a salire il prezzo del materiale, che già prima della crisi in Ucraina per le imprese europee scarseggiava.
Carlo Comensoli